ANGOULEME 2022

GIORNO UNO

Sono qui al finestrino del treno, a guardare un mare grigio come il cielo che lo sovrasta, separati da un orizzonte che a malapena si distingue, confuso com’è tra queste due entità contrapposte. Una giornata indefinita, tra inverno e primavera, incerta come sta diventando incerto quasi tutto quello che ci sta intorno.
Il treno è lo stesso di quando vado a Firenze, moderno, a due piani e piuttosto silenzioso, è anche meno affollato di qualche anno fa, causa la pandemia e il cambio di orario più comodo per me, ma che deve anche aver orientato i pendolari su quello precedente.
La destinazione è Viareggio, tappa intermedia dove verrò “raccolto” dai miei pards (uso il termine in modo appropriato perché siamo in effetti lo stesso numero degli eroi di Tex Willer, ma ahimè, io tra i quattro non sono certamente il giovane Kit, bensì il vecchio Carson). Luca, Francesco e Fabrizio, che sono partiti da Firenze, infatti mi raccoglieranno sul furgone noleggiato spero il prima possibile, riducendo al minimo la mia sosta alla stazione della città del Carnevale.

I quattro pards.

Siamo diretti ad Angouleme, la città della BD, la manifestazione del fumetto francese che quest’anno, causa pandemia (ma pensate un po’), è stata rinviata a Marzo dalle canoniche, fredde date di fine Gennaio.
Non ho nessun albo in uscita e non ho niente da promuovere, perché l’artbook in preparazione non è stato finito in tempo, e la mia ultima fatica inedita è in attesa di trovare un editore francese che sembra debba avere il fegato di pubblicarla, visto che è piaciuta a molti, ma pare non ci sia spazio su collane evidentemente più votate a temi ottimistici. La mia storia infatti è un polar a tinte fosche, con personaggi border-line, che evidentemente in questo periodo storico fanno maggiore fatica a trovare spazio. Ma non ho fretta, in questi anni di totale sconvolgimento del tutto, se c’è stata una cosa che ho capito, è quello del valore dell’attesa, prima o poi troverò un coraggioso (ma neanche si trattasse di pubblicare il nuovo Decamerone), che lo pubblicherà.
L’obbiettivo di questo tour è quello di riprendere una tradizione per troppo tempo abbandonata (almeno da parte mia), di viaggiare con i miei soci, unendo promozione a cazzeggio, utilità professionale a svago e, credetemi, mai come in questo periodo ce n’è bisogno, o almeno io ne ho bisogno.
La mia verve autoriale sta vivendo un periodo al ribasso, sto realizzando un Nathan Never che uscirà a fine anno, ma davvero sto facendo molta fatica, la penna non ha più voglia di grattare il foglio, il pennello quello di inchiostrarlo, vado, ma vorrei fare altro.
Che altro sinceramente non so, o meglio forse sì, ma faccio fatica ad ammetterlo compiutamente: scrivere.
Ma questa deve essere una vacanza, l’obbiettivo è, oltre quello di vendere e promuovere il lavoro dei nostri studenti (presenti con le nostre pubblicazioni de La città  delle Nuvole), quello di divertirsi e, proprio adesso, vedo che su Whatsapp è stata costituita una chat “Matti ad Angouleme” per cui se il buongiorno si vede dal mattino…
La peculiarità di questo periodo, si potrebbe dire che sia tutta concentrata ad un nuovo assestamento delle nostre vita, o dovrei dire della “mia” vita, la pandemia, che credevo di avere assorbito piuttosto agevolmente, vuoi per presunzione, o a seguito della constatazione che i miei ritmi alla fine non erano stati troppo sconvolti, invece, subdolamente, ha lasciato segni tangibili. Quello che pensiamo non ci tocchi o lo faccia solo marginalmente, in realtà arriva nei gangli che non avremmo mai pensato, la privazione della libertà, anche se sembra che non tocchi alcune nostre abitudini, tocca il nostro intimo più profondo. La costrizione, la privazione e anche il semplice impedimento che sembra possa essere tollerato, invece ci danneggia profondamente. Inoltre, e finisco così per reiterare il mio pessimismo, anche alcuni settori a me cari come, editoria, fumetto, cinema et similia pare abbiano avuto una contrazione importante, l’annullamento di festival e manifestazioni, hanno ridotto così tanto i momenti di aggregazione e di convivialità, che ci hanno privato di quei momenti di riscatto professionale ai quali eravamo, (o almeno io) abituati.
Dulcis in fundo, ma proprio come ciliegina sulla torta, una guerra ai confini dei nostri territori, paurosa, importante e terribilmente pericolosa di cui, sinceramente, non sentivamo il bisogno, men che meno alla fine di questi anni così terribili e da dimenticare. Il paradosso da evitare è quello anche solo di pensare che, mentre noi cerchiamo di divertirci, a Kiev o Mariupol la gente comune viene bombardata, in quel distonico e assurdo teatrino che è il mondo, che contrappone tragedie a sollazzi, morti a cazzate, nel quotidiano, disinteressato e imperturbabile cammino intorno al sole.
Perché al di là di tutto, alla fine dobbiamo cercare di sopravvivere.
Comunque torniamo a noi, vero le 11,00 i miei sodali mi raggiungono alla stazione di Viareggio dove li aspettavo da una quarantina di minuti.
Si parte per la zingarata francese.
Il resto è viaggio, i soliti restringimenti che ci accompagnano fino al confine, e una breve sosta nelle vicinanze di San Remo per restare su sapori nostrani prima di incontrare la contaminazione francofona, con due panini come il Breda, e il classico Camogli, un intramontabile classico che non si smentisce mai, e poi via diretti fino a Ventimiglia.
Poco da annotare, se non constatare che il clima è il cielo grigio della mattina né frattempo ha abdicato a qualche raggio di sole, mitigando la giornata che è virata per un ampio tratto, sul bello.
Abbiamo contattato qualche collega che incontreremo ad Angouleme, pianificando cene ed incontri, e poi una ulteriore sosta tecnica.
Ora, c’è da specificare che, all’auto noleggio, con nostro disappunto non privo di giramento de cojones, ci è stato affidato un veicolo Vito Volkswagen con cambio automatico, senza nessun preavviso. Per cui dei tre autisti ufficiali (quelli registrati presso il car rent, quello escluso sono io che mi limito ad essere trasportato), l’unico che abbia mai guidato un veicolo automatico è Francesco.
Gli altri due si rifiutano di farlo, perciò Francesco si carica sul groppone l’onore e l’onere della guida, passando di default a capo-guida, scout, capo carovana ed esploratore in un solo colpo, con gran soddisfazione del proprio ego.
Ma il viaggio è lungo, e alla prima sosta francese, a un paio d’ore da Montpellier, tappa che avevamo stabilito fosse quella dov’è passare la notte, chiede a Fabrizio se, bontà sua, vuole tentare di provare a guidare il torpedone.
Lo sventurato accetta.
Quello che viene dopo è stato ampiamente documentato da un video vigliaccamente registrato e prontamente postato su Facebook è che è paragonabile ad un vecchio sketch dei fratelli De Rege, da non perdere.
La guida non è così difficile e il nuovo driver immediatamente scalza il Mariotti dalla posizione di master of universe della gita, che viene così declassato alla seconda fila. Poi il fantastico quartetto arriva nella ridente Montpellier, e prende alloggio al Grand Hotel du Midi, in pieno centro è accanto all’Opera cittadina, con un’azione di booking operata da uno scaltro Mariotti che, esentato dalla guida, e pronto a riprendersi il posto di master, che si è cimentato in una delle sue arti preferite: la prenotazione on-line e, devo dire, con successo.

Solo oggi, a oltre una settimana dal rientro del viaggio, ho realizzato che l’Opera di Montpellier è illuminata con i colori dell’Ucraina. Alla buon ora…

Montpellier.

Cenetta nel ristorantino con cucina creola e cajun a base di tacos e picana.

Da qui, per il prossimo futuro prevedo tra i due (Francesco e Fabrizio), un’accesa lotta per la posizione dominante nel gruppo, almeno nella fase di conduzione del veicolo.
Serata tranquilla in un ristorantino del centro della città, a base di cucina creola con influenze giamaicane, in tre prendiamo dei tacos per tutti, una “picana”, che un piatto di carne, patate e spezie cajun, birra e un piatto a base di pollo.
Poi, dopo una bella passeggiata in un centro storico pieno di gente (qua sono tutti senza mascherina), al tepore di una temperatura davvero mite, ce ne andiamo a letto per arrivare, il giorno dopo, freschi ad Angouleme.
Buonanotte.

GIORNO DUE

Non si dorme molto nella camera 103 del Grand Hotel du Midi di Montpellier, non che il letto non sia comodo, ma forse il caldo più che la digestione, alla fine mi sveglia di prima mattina e mi accompagna nel dormiveglia fino alle 8,00.
Ma mi accorgo che anche per il mio compagno di camera è lo stesso, e anche per gli altri due, in quella opposta, è la stessa cosa, ci troviamo d’accordo a stabilire che la temperatura ambientale evidentemente non ci ha conciliato il sonno.
Speriamo perciò nella nottata successiva: questa, visto che sto scrivendo alle 00,15 della notte successiva.
Facciamo una bella colazione in una brasserie nel mezzo della centralissima piazza della città, mentre il fermento laborioso di Montpellier si risveglia sotto un cielo biancastro che non ci lascerà mai più per tutta la giornata. Torniamo all’hotel per fare il check-out, e poi dopo essere usciti da un parcheggio sotterraneo dove era stato difficile introdursi, a causa dell’altezza del van (soli ben tre cm. di differenza dall’altezza minima, ci dividevano dal lasciare la capote sul posto).
Ci rimettiamo in marcia.
La giornata ha ben poco da lasciarsi raccontare, se non una lunga, dolce ma interminabile marcia verso la nostra destinazione, su un’autostrada che non ci ha ma presentato un cantiere con relativa strettoia di marcia, una sciupatura di manto stradale o disservizio di alcun tipo.
Sosta ad un area di servizio, e ristoro conseguente, poi ripartenza senza ulteriori interruzioni, fino alle 19,00, orario d’arrivo.
Parcheggio sotto il padiglione ParaBD, quello dove è presente il nostro stand, giusto per constatare che mancano i banconi, per un leggero disguido non ci sono stati montati perché, pare che pur essendo stati prenotati, andavano richiesti a parte.
La quisquilia si risolve in neanche mezz’ora, e nell’ora successiva allestiamo lo stand, ritiriamo i pass e ci muoviamo verso il ristorante che, avevamo preventivamente prenotato con la sicurezza tipica degli “uomini di mondo che hanno fatto il militare a Cuneo.”
Incontriamo durante una birretta usata come aperitivo, Simona Mogavino e Alessio Lapo, va da sé che la offriamo anche a loro. Quattro, poi otto e infine sedici parole di chiacchiere e così si avvicina l’ora della cena. Con loro saremo insieme là domani sera, stasera siamo in un locale del centro storico, nelle stradine adiacenti allo storico Le chat Noire che, seppur un muso di Angouleme, da sempre, in realtà quest’anno è chiuso. Delusione.
La cena scorre tranquilla, tra sbadigli e qualche rara risata che di inframezza a discorsi che rammentano più volte il desiderio di riposo che, finalmente, avviene. Senza indugi alcuno, al primo che accenna ad andare a letto, tutti si uniscono in coro.
All’uscita del ristorante vedo arrivare in compagnia, Fabiano Ambu, un collega Bonelli de che conosco da anni, con il quale faccio due chiacchiere, fino a che mi accorgo che il cameriere accenna alla previsione della chiusura delle cucine, al che mi accingo ad uscire per permettergli di andare a cena.
Durante il tragitto per andare a l’appartamento più vicino, incontro David Prud’homme e la compagna, l’autore francese con cui aveva condiviso l’esperienza in Kosovo. Poche parole di salutò e un veloce scambio di convenevoli e poi buonanotte a tutti. Se ci sarà occasione, avverrà nei prossimi giorni, non stanotte.
Le due stanze prenotate sono distanti ma entrambe in zone centrali, e perciò comodissime, quella dov’è siamo indirizzati io e Luca, rimane dietro all’Hotel de la Ville, praticamente adiacente al padiglione Nouveau Monde dove negli anni passati trascorrevo tutti i giorni della manifestazioni, a fare dediche a quattro mani.
L’appartamento è enorme, la camera matrimoniale ha l’ampiezza di metà di un campo da tennis e da sola sarà almeno una trentina di metri quadrati, le finestre altissime e la sala dispone di una cucina che ci ripromettiamo di usare.

L’immensa camera da letto.

Ci mettiamo a discutere su chi andrà dove, perché pare che l’altro appartamento sia notevolmente più piccolo e ognuno si vorrebbe sacrificare per far star comodi gli altri, poi ci accordiamo restando sulle stesse posizioni. Salvo scoprire, successivamente, che l’altro è pur sì più piccolo, ma altrettanto confortevole.
A me viene concessa la suite, privilegio dell’età e delle attenzioni che tutti mi concedono e di cui gentilmente ringrazio. Siamo davvero molto stanchi, ci facciamo una dolcetto e poi tutti a nanna.
A domani.

GIORNO TRE

L’apertura della manifestazione.
Dormiamo meglio, forse un po’ di più di ieri, ma mai come nei consueti orari domestici. Il letto è confortevole, ampio e l’ambiente non troppo caldo, per cui va bene così.
Andiamo nella solita caffetteria al centro della cittadina ma, pensate, qui i bar aprono alle 9,00, curioso vero? In Italia sono aperti qualcuno perfino alle 6,30, per offrire un servizio ai lavoratori che a quell’ora iniziato i loro turni, o che per pendolarismo devono prendere torpedoni o treni. Qui orario apertura come per i negozi, neanche gli unici clienti fossero i commercianti.
È un bel locale, enorme e ben posizionato, ma l’offerta è davvero risicata.
Nell’immenso spazio del locale, da accompagnare al cappuccino o al caffè ci sono solo croissant (vuoti), non vi azzardate a chiedere la farcitura, non ce l’hanno, e tanto meno la marmellata, almeno qui non ve la portano, e solo saccottini con cioccolato. Punto.
Per inciso, i croissant erano secchi (molto più di quelli di ieri), evidentemente erano del giorno precedente. È così anche il bar l’abbiamo sistemato.

Lo stand de la Città delle Nuvole.

Poi io e Luca facciamo un salto nei magazzini del centro commerciale di Champs de Mars, per acquistare piccole cose per lo stand, e già qui incontro il direttore del festival di Illzach, che prontamente mi invita al festival il prossimo autunno, io non ho niente di nuovo, anche se qui non ho mai presentato il mio Mimbrenos, e accetto. Poi chissà se davvero per quel periodo l’invito arriverà, di certo è stata una bella sorpresa.
Poi andiamo allo stand, mentre il sottoscritto bellamente si defila, era nei patti, magari posso fare anche qualche disegno, ma per il resto io sono qui per diletto, cazzeggio e vacanza bighellonante.
Vado a farmi cambiare il pass, ho scritto Exposant quando invece sono Auteur, e la distinzione, oppoffarbacco, la pretendo, non foss’altro per tutti gli anni di onorata carriera a dedicare e disegnare sketches.
Sono all’Hotel de la Ville, e quindi a due passi dal vecchio spazio Nouveau Monde, dove per anni ho trascorso il tempo della manifestazione a dedicare presso lo stand Mosquito, e passo a salutare i miei vecchi amici. Fa un certo effetto, vedere la fila di autori a dedicare: c’è Lele Vianello, Capucine Mazille, Jondot e Grimalt… la nuova squadra di autori in forza alla casa editrice, e poi saluto Jean Marc, Christine e Daniel e infine Michel con cui scambio due parole.
Poi termino il giro nel padiglione dove incontro anche un vecchio collega: Rodolfo Torti, intento a dedicare una nuova edizione del suo Ian Karta, e Giuseppe Manunta, con il quale ci ripromettiamo di fare qualche chiacchiera nei prossimi giorni, se avremo occasione, e soprattutto se ci ricorderemo. Spesso sono speranze vane, che si promettono sempre per gentilezza tra una dedica e l’altra, ma va bene così.
All’uscita ritrovo Fabiano Ambu con Rosa Puglisi e un’altra autrice, seduto al loro stand, dove promuovono anche in Francia fumetti prodotti dalla loro casa editrice It Comics, e qui mi soffermo a chiacchierare delle solite cose.
La cosa bella che riscontro ogni volta che cammino tra gli stand dello spazio Nouveau Monde, è la luce negli occhi dei piccoli editori, spesso giovani ed entusiasti, e che propongono un editoria davvero diversa, spesso difficile e talvolta ostica ma che ci credono. Loro sì, ancora credono che innovazione, rinnovamento ed entusiasmo possano ancora cambiare qualcosa, magari il mondo, e che tutto questo sia ancora possibile. Ed è una bella sensazione, se non fosse purtroppo smorzata dal mio disincanto, da l’aver visto già molte cose, da aver vissuto già tantissimi momenti come questo, ed aver constatato che alla fine certe soluzioni rimangono originali sì, ma lì si fermano. Ma rimane comunque bello. Qui, ad Angouleme ed in Francia in particolare, il fermento artistico di questa editoria spesso di frontiera e che ama l’azzardo senza essere intimidita dalle difficoltà, al di là di tutto è propulsiva e incentivante, ed io spero che non si fermi mai, vada avanti a dispetto di tutti gli ostacoli che si frappongono, e in cuor mio mi auguro davvero che alla fine sfondi, ribalti ogni cosa e mandi ‘affanculo tutto il resto del vecchio ciarpame.
All’ora di pranzo andiamo a mangiare al mercato vicino al nostro padiglione, e poi io e Luca torniamo in piazza Champs de Mars, dove ci sono i grandi editori, per vedere di comprare qualcosa. Qui incontro un vecchio amico, Jean-Luc Schneider, l’organizzatore di Cyclon BD, il festival all’isola de la Reunion, dove partecipai oltre dieci anni fa. Mi ha fatto davvero piacere rivederlo per scambiare quattro chiacchiere con lui, da anni è l’editore di Des Bulles dans l’Ocean, una casa editrice che propone autori di paesi insulari e etnici, e dei protettorati francesi come La Réunion, la Guyana ed altri, proponendo così autori di frontiera.
Io riesco ad acquistare il nuovo numero di Undertaker, un western disegnato da Ralph Meyer molto bello ma, a dire il vero, non sono neanche sicurissimo di non averlo già. Questo giusto per dire quanto interesse oramai metto nella consultazione di certi albi: li vedo, li acquisto, li sfoglio velocemente e li butto là, per dimenticarmene subito dopo. È una vecchia litania che mi contraddistingue, e che è nata sia dal disinteresse sempre più imperante verso la lettura di fumetti unito alla necessità di ottimizzare gli spazi oramai residuali dove ospitarli.
Insieme a Luca siamo andati all’Espace Franquin, un centro espositivo posto all’ingresso della città alta e dove in questa occasione c’era la mostra di Chris Ware (vincitore dell’ultima edizione, e quindi realizzatore anche dell’affiche ufficiale della manifestazione).


Ora, per chi non lo conoscesse, Chris Ware è un esponente del fumetto d’autore americano e che proviene dall’underground, ma che negli ultimi anni si è affermato anche in moltissimi paesi per la particolarità del suo segno e della sua narrazione. Segno pulitissimo, a tratti geometrico e asettico, colorazione a tinte piatte, assenza di prospettiva sostituita da un’assonometria puntuale e precisa al limite della paranoia, il tutto risulta un po’ algido ma assolutamente credibile, coerente e con grande personalità. Caratteristica distintiva è anche la narrazione, fatta di circonvoluzioni con una scansione di vignette molto geometrica, che gioca molto con l’inclusioni di vignette nelle altre, per entrare nei ritmi quotidiani nei quali si muovono le sue storie. Storie quotidiane di normale alienazione, uno spaccato dell’America della provincia, fatta dalle sue piccolezze e le sue meschinità.
Insomma, un autore decisamente interessante.
Quello che non immaginavo però, è l’elaborazione tecnica dei suoi disegni. Forse, vedendo i suoi racconti, la pulizia e la geometricità del suo segno, immaginavo un formato ridotto e maggiormente controllabile, quel che invece stupisce, o almeno ha stupito me, sono le dimensioni sui quali il signor Ware, realizza le sue tavole: enormi.
Perciò, la precisione de suo disegno nasce da un’accurata mise en planche della tavola, una minuziosa costruzione del tutto e quel che ne esce, a livello espositivo, è una grande professionalità ed un grandissimo dispiego di energie tecniche che non sono, a parere mio, valorizzate dalla successiva riduzione delle tavole nei formati editoriali.
Un grande lavoro ed un’esposizione da vedere. Consigliata.

Una tavola di Chris Ware.

Poi con Luca e Francesco andiamo in una caffetteria dove almeno io mi sono con una crepe e una cioccolata, sono davvero all’ingresso e in queste occasioni faccio fatica a limitarmi, stasera andremo al ristorante marocchino e anche qui non ci risparmieremo.
Mentre Francesco si riunisce allo stand con Fabrizio, io e Luca decidiamo di andare verso l’appartamento, è talmente centrale che decidiamo che a fine serata ci raggiungeranno qui, dove noi, oltre a riposarsi, finiamo di fare le nostre cose come, ad esempio per me, scrivere questo report.


A fine giornata ci raggiungono Francesco e Fabrizio, con i quali decidiamo di trascorrere la serata di sabato a cena in casa, visto che quella serata sarebbe un’impresa trovare dei posti liberi al ristorante, presi come sono d’assalto dalla moltitudine delle persone che affolleranno il fine settimana.
Ceniamo come d’accordo con Simona Mogavino, Alessio Lapo, Salvo Bevacqua e Cristiano Crescenzi, un poker di professionisti italiani in terra straniera, che giustifica in questo caso la fuga di “matite” all’estero. Siamo al ristorante marocchino, dove con un cous cous misto e dei dolci, trascorriamo in allegria la serata.
Con Simona e Alessio, anche se non ci conosciamo da anni, siamo stati bravi, perché abbiamo costruito una buona amicizia nelle sole occasioni in cui ci incontriamo ai festival, cosa non facilissima, ed ogni volta è un piacere stare insieme.
Poi, giusto per sottostare ad una tradizione tutta legata alla circostanza, la fatidica tappa al Mercure, che non può essere disattesa e dove pare si debba andare obbligatoriamente, per sigillare la nostra presenza al festival, altrimenti non possiamo dire di fare parte degli eletti. E qui ci sono davvero tutti, o almeno quelli che, di buon grado, aspirano allo status di autore, disegnatore, professionista della BD e che si voglia fregiare di tale appellativo.
Non essere presenti equivale all’assenza (ça va sans dire).
In realtà è davvero solo una presenza effimera, perché entriamo e come fantasmi ci defiliamo in un corridoio laterale occupando un divano e due poltrone e costruendosi, lì per lì, un sano salottino dove continuare la chiacchierata iniziata e non finita, al ristorante.
Incontriamo la signora Glenat e Aureliè Turmine, da me battezzata qualche mese fa l’ange di Bellegarde, per la pazienza con la quale mi ha accudito e ospitato questo Novembre alla suddetta manifestazione, tutto questo per poter dire di avere terminato la serata ben oltre le due, ed essere soddisfatti così di avere spremuto per bene la serata. Perché ditemi voi, come si può ben dire di avere vissuto la giornata se questa non finisce ben oltre l’una e mezzo?

GIORNO QUATTRO

Sveglia alle otto, e quindi un orario piuttosto normale, ma con una buona intensità di riposo. La ripartenza quotidiana perciò può definirsi soddisfacente.
Colazione in un baretto dove la qualità delle brioches è sicuramente della giornata precedente, e anche per punire una rigidità professionale che, in un periodo come quello della manifestazione, dovrebbe essere ben più elastico per soddisfare le esigenze dei clienti più numerosi. Perché se la nostra fama è destinata ad essere ricordata per degli sfaccendati, vorrei sottolineare una rigidità mentale, di orari e di servizi tali, che in Italia non si registrerebbero. O vediamo un po’!
Concedo volentieri una libera uscita a Francesco e Luca, e mi metto allo stand per realizzare un paio di disegni, suggellare la mia presenza in loco, e poter dire che non sono stato soltanto un fagotto trasportato in terra di Francia.

L’unico momento in cui ho preso la matita in mano, e dove ho realizzato uno dei due soli disegni fatti ad Angouleme.

Mi fa visita Roberto Papini, giornalista de la Nazione, che avevamo già incontrato, è un veterano della manifestazione, e con lui ho diviso la mia prima presenza qui, scambiamo quattro chiacchiere e poi si rimette in marcia a caccia dei suoi scoop o dei puntuali report sulla manifestazione.
Dopo un lasso di tempo a mio avviso decente, atto a giustificare il mio impegno facendomi apparire probo, disponibile è degno di encomio, decido di convolare verso lo spazio dei “diritti d’autore”, qui voglio incontrare Stefano Piccoli che mi è stato detto essere l’artefice di una eccellente iniziativa che voglio conoscere nel dettaglio. Quella cioè di creare un’associazione che racchiuda tutte le manifestazioni di fumetto italiane (sotto l’egida di un protocollo stabilito), e che dovrebbe far parte di un circuito coordinato direttamente da una branchia del Ministero della Cultura. Ho tempo, e vado.
Lo trovo poco prima che alcuni esponenti dell’associazione e il presidente dell’Istituto di Cultura Italiano di Parigi inizino la conferenza stampa organizzata per presentare il progetto.
Io e Stefano ci prendiamo un bel po’ di tempo per parlare tra noi, per confrontarci su idee e progetti, mi presenta sia il direttore di Etna Comics e Chiara Palmieri.
Poi passo alla libreria del centro commerciale, che paradossalmente è il punto di confluenza di tutte le novità del festival perché, avendo una libreria fornitissima, concentra in un unico punto tutte le novità, ed è qui che trovo uno degli albi che cercavo.
Poi mi riunisco con Luca e Fabrizio al mercato per andare a pranzo. Francesco rimane a presenziare i bastioni e noi ci dirigiamo verso un ristorante italiano gestito da un francese di origine pugliese, una botta d’italianità che non mi sono mai concesso e al quale quest’anno sottostarò.
I tortelli ai formaggi sono ottimi, del resto come sarebbe stato possibile se non fossero importati direttamente dall’Italia?
Qui ci viene incontro Piero Ruggeri, amico di tante scorribande francesi, e trascorriamo amabilmente il pranzo con l’amico.
Poi di nuovo in giro, e torniamo al padiglione Nouveau Monde dove passiamo a salutare gli amici di Mosquito, e mentre Fabrizio e Luca si perdono ad acquistare libri per la scuola, io mi fermo a parlare con Giuseppe Manunta prima (del resto ce lo eravamo ripromessi il giorno prima), e con Rodolfo Torti e Paolo Bacilieri dopo, scoprendo che il loro editore, Fordis, non è altro che Pasquale, un vecchio amico italo-francese che curava per Mosquito la collana Esprit du Vent (Magico Vento), anni fa.
Ho acquistato il necessario, e credo di avere ben poco altro da comprare, per cui mi dirigo nuovamente verso l’appartamento, la comodità di averlo nelle vicinanze del centro è la garanzia del suo utilizzo come e quando ti fa più comodo.
Per cui mi dirigo là, col desiderio di riposarmi e, finalmente, dedicarmi al mio report quotidiano.
Attendo i miei compari alla fine della giornata, è qui il rendez-vous per poi andare a cena. Temiamo l’assalto del venerdì sera, e di conseguenza la difficoltà nel trovare posto per la cena, infatti nelle strette stradine del centro, dove c’è la più alta percentuale di localini, sono tutti fuori. Birre, cocktails e aperitivi la fanno da padrone e l’aria fredda che accompagna un venticello infido e truffaldino, non scoraggia gli avventori nel riversarsi nelle stradine, con il risultato di intasarle.
È abbastanza presto ma, un po’ per tutti, la giornata è stata piena. Rigirarsi tra gli stand a cercare ed acquistare libri e fare pubbliche relazioni a destra e a manca, alla fine stanca un po’ tutti.
Proviamo nel locale della prima sera e ci va bene, il posto c’è, evidentemente la truppa, per allungare la serata tende ad andare a cena più tardi per avere una notte brava da domare. Noi la domiamo prima, e ci fanno accomodare al primo piano.

I quattro pards di fronte ad hamburger e patatine, come da consolidato protocollo texiano.

La scelta è veloce perché è un menù che conosciamo, ed il servizio breve perché la scelta è misurata e la cucina rapida, almeno come noi a consumare il tutto. Io come sempre esagero e prendo anche il dessert, mi portano un gelato alla vaniglia dalle dimensioni smisurate. Così imparo.
In poco più di un’ora siamo pronti, siamo tutti stanchi e le chiacchiere sono piuttosto tranquille, esattamente come gli animi che sognano già un talamo accogliente è una doccia calda. Ci alziamo con la gentilezza di chi sa che deve lasciare il posto a coloro i quali questa notte la mangeranno a morsi, alla faccia delle dediche, della guerra e della loro stanchezza. Si facciano avanti, noi alla garibaldina ci dirigiamo a casa, il freddo entra nelle ossa aiutato dal vento che lo aiuta ad essere più fastidioso del solito.
La notte non è piccola per noi, ma decidiamo di scorciarla ulteriormente.

GIORNO CINQUE

Oggi c’è il sole, s’intravede già attraverso le finestre, anche se lo spicchio di cielo visibile è piccolo.
Stamani abbiamo un appuntamento con Lele Vianello, ci troviamo davanti al solito bar, ma ci dirigiamo all’altro che abbiamo eletto a nostro preferito, qui servono un’ottima cioccolata, delle madeleines al cioccolato e croissant freschi, e poi c’è una cameriera carina (che credo sia la figlia della proprietaria) dal sorriso luminoso.
Ci intratteniamo per un’oretta tra una chiacchiera e l’altra, e poi lo accompagno verso le Nouveau Monde, nel tragitto incontro Cosimo Ferri e Samantha Cefaliello con i quali ci ripromettiamo di incontrarci la sera al Mercure, quella del sabato è un must irrinunciabile, ci sarà il mondo e quale occasione migliore per incontrarli tutti in un colpo solo?
Poi lascio Lele allo stand mentre io mi intrattengo con dei colleghi che hanno lo stand nel solito padiglione. Stare con Lele e come incontrare un vecchio amico, anche se ci dividono diversi anni mi sembra di incontrare un compagno di vecchie battaglie, e poi anche lui, dalla sua lunga carriera, tira fuori sempre aneddoti curiosi che ti immergono in in atmosfera che oggi è impensabile.
Incontro Davide Fabbri e Denis Medri con qui facciamo due chiacchiere, e poi mi chiamano dallo stand, qui, mi attendono come da appuntamento concordato, la signora Danielle Pigeault e una collega, il presiedente della Croce Rossa di Angouleme, alla quale domenica doneremo l’intero incasso della nostra presenza alla manifestazione che devolveranno in aiuti all’Ucraina. Una iniziativa che avevamo previsto alla partenza, e un accordo con la CR che avevo pianificato con il presidente chiedendo il permesso di usare la Croce Rossa locale come tramite per la donazione. Le signore sono rimaste impressionate felicemente dalla nostra iniziativa, e domenica consegneremo a loro il ricavato della manifestazione.
Appena terminato, mi dirigo nuovamente verso lo spazio “foreign rights” per dirla all’americana, dove mi ero ripromesso di incontrare una persona con cui parlare, nel tragitto incontro il collega Onofrio Caracchio, sono anni che non ci vediamo, e in mezzo alla strada condividiamo una breve chiacchierata. All’entrata dello stand dei “diritti internazionali, riconosco Elisabeth Haroche, una editor che avevo contattato per l’invio del mio progetto e che aveva apprezzato moltissimo e anche con lei ci soffermiamo per scambiare opinioni.
Dentro ritrovo Davide Fabbri al bar, e intavoliamo una lunga chiacchierata su mille argomenti, ritrovo uno Stefano Piccoli in partenza per Roma e con Medri ed Ennio Bufi facciamo digressioni su l’Ipad Pro e, poco dopo, ci raggiunge anche Daniele Brolli. Infine incontro anche Davide Caci che era la persona con il quale mi ero ripromesso di parlare, e sua moglie Mirka Andolfo, i coniugi Bovini con i quali ci scambiamo alcune riflessioni, oltre ad avere un appuntamento con Caci per il pomeriggio.
Al ritorno mi fermo al padiglione in Champ de Mars, che è affollato all’inverosimile, non c’è contingentamento all’ingresso, nonostante noti un paio di addetti con il conta persone. È un carnaio e il caldo all’interno toglie il respiro, indosso la mascherina e mi tolgo il giaccone, ma decido di controllare solo un editore che avevo visto solo parzialmente, ma decido prontamente di uscire dal padiglione, la calca è impressionante.

Mi dirigo verso là ParaBD per incontrare i miei pards per andare a mangiare. Luca non è perfetto e decidiamo per un pasto fresco e a base di riso, couscous e materie naturali. Di fronte al padiglione inizia il quartiere dei localetti e dei ristoranti, e proprio all’inizio ce n’è uno di quelli dove ti componi il piatto come vuoi, abbiamo di trovare posto all’aperto nonostante la folla di persone, e ci godiamo così un pranzetto baciati dal sole che ci scalda le repas.
Subito dopo ritorno allo stand dei “diritti” dove ho un incontro spero costruttivo con Davide Caci, e poi rientro allo stand dove, come concordato, insieme a Francesco ci andiamo a vedere la mostra di Christophe Blain.
Blain è un autore molto interessante e dal tratto originale, sporco e moderno, lo conosco dagli esordi e l’ho apprezzato subito, inoltre, gli è stata assegnata l’eredità di Blueberry, con una manovra spericolata e azzardata, ma coraggiosa visto che è stata scelta non la continuità stilistica, bensì un rinnovamento de l’interpretazione del personaggio. L’abilità dell’autore, che si è dovuto discostare dal suo stile più grottesco e caricaturale, è stata quella di piegare la propria sensibilità artistica verso un segno più realistico, senza tradire però i capisaldi del proprio stile, ma aggiungendo a questo una rappresentazione fresca e più attuale del tenente di cavalleria.
L’esperimento non so se sia stato gradito dai puristi, ma personalmente l’ho apprezzato, pur ovviamente dovendo accettare tutte le inevitabili diversità tra le due realizzazioni. Preferisco un restyling del personaggio, piuttosto che uno scimmiottamento acritico dell’originale, che però originale non può più essere, perché capisco le logiche di necessità commerciali e le potenzialità di personaggi storici, meno il tentativo di resuscitare cadaveri morti con i loro autori originali.
L’esposizione però è nella parte bassa della cittadina, per cui l’andata è piuttosto agevole per la discesa, anche se il caldo del primo pomeriggio è piuttosto fastidioso. All’interno dello spazio espositivo c’è una folla di persone, e la mostra è completamente immersa del buio. Ci mettiamo perciò la mascherina, ma questa fa ancora più caldo, mi tolgo sciarpa e giaccone che devo portare in spalla, poi sono costretto a mettere gli occhiali per vedere più compiutamente gli originali esposti, ma in questo caso l’alito appanna gli occhiali poi, mentre procedi lentamente, devi stare attento e scansare le altre persone che si sono dimenticate immediatamente delle più elementari norme di sicurezza, mentre intanto il caldo aumenta.

Insomma, quando esco sono distrutto, sono sudato e stanco, e in più mi aspetta una risalita senza soste, per cui, pur dispiaciuto di dover lasciare Francesco, tutto solo mi rimetto in marcia per l’arrampicata. Quando arrivò a l’appartamento sono bagnato dal sudore, stanco e non vedo l’ora di sdraiarmi. Mi spoglio, mi rinfresco e, mentre passando dalla sala saluto Luca che è ancora disteso sul divano, mi sdraio sul letto, dove credo di svenire poco dopo.
Adesso sono qui, seduto sul letto, con una flebile luce serale di un sole che è già calato dietro all’orizzonte a scrivere il mio report.
Adesso mi vesto e me ne esco per andare con gli altri a farsi un aperitivo, la notte è ancora giovane.
La cena è all’italiana, un risotto agli scampi freschi (acquistati in giornata) formaggi francesi con baguette e maiale in salsa di cipollotti, una cenetta davvero gustosa il tutto cucinato dalle pregiate mani del nostro chef-express: Francesco.
Apprendiamo alla TV della vittoria italiana sul Galles nel 6 Nazioni, vittoria che ci eviterà l’ennesimo cucchiaio di legno, e poi mentre gli altri restano io, come promesso ai miei colleghi italiani, mi avvio verso l’hotel Mercure, centro “dell’intelligentia” della BD, crocevia di editor, autori, editori e tutto quanto fa spettacolo e appuntamento fisso, imperdibile è imprescindibile della manifestazione, luogo nel quale devi necessariamente presenziare per legittimare la tua presenza al festival.
Qui ci trovo Simona e Alessio, con la signora Roux e consorte, una sceneggiatrice di Delcourt, e cominciamo le danze. Poi ci raggiungono alla spicciolata e nell’ordine: Cosimo Ferri e Samantha Cefaliello, Fabiano Ambu, Rosa Puglisi e sodali, poi arriva Marco Nizzoli, Denis Medri e Davide Fabbri, e successivamente Paolo Martiniello, l’amico Piero Ruggeri, poi ho intravisto l’amico Tony Sandoval, Claudio Curcio e Chiara Palmieri, poi tutti ci siamo spostati in un corridoio laterale dove prendiamo possesso di due divani che non molliamo più, ma soprattutto ci allontaniamo dal bar che aveva due amplificatori che ci impedivano di sentire che cosa ci dicevamo.
La caratteristica della serata è stato il fatto che mancasse un sacco di persone, dalle sale interne non si sono riversate molta gente che generalmente erano invitate nelle cene del sabato e, per quanto ci fossero diverse persone distribuite tra le sale dell’hotel, non c’era quella calca che contraddistingueva la serata delle altre edizioni. Segno evidente che le defezioni sono state numerose.
Abbiamo parlato di varie amenità, in quelle occasioni parliamo di fuffa,  del niente condito con battute e risate, accenni complici e confidenze stiracchiate e improbabili, tutto il necessario armamentario della futilità che viene sfoderato in occasioni di mondanità, dove l’unico obbiettivo è quello di essere disinvolto, far vedere che ci sei, sei a tuo agio e gli altri ti fanno un baffo. Una fiera delle vanità, insomma.
Però alla fine ci ritroviamo lì, non foss’altro perché oltre a tutto ciò che abbiamo detto, resta comunque una delle rare occasioni dove ci possiamo incontrare un po’ tutti, perché alla fine queste circostanze nell’arco dell’anno non sono poi molte, e in questo caso provenivamo da due anni di dura pandemia, fatte di rinunce e isolamenti, e il desiderio comune era quello della ricerca di una normalità da ritrovare.

Da sinistra a destra: Samantha Cefaliello, Davide Fabbri, Cosimo Ferri, Fabiano Ambu un amico, il sottoscritto e Rosa Puglisi.

La serata scorre piacevole e il bello è che alla sua conclusione, tra l’albergo e l’appartamento c’è soltanto il lasso di tempo di quattro minuti circa, e la comodità è perfino imbarazzante.
Ma la giornata successiva però, ha un inizio del tutto particolare. Infatti al mio rientro intorno all’1,30, mi ritrovo Luca sveglio che vaga per l’appartamento, a causa di un dolore lancinante al fianco. Aveva già accusato un lieve disturbo il giorno prima, e il pomeriggio aveva dovuto riposare, ma la nottata aveva peggiorato drasticamente la situazione è il dolore l’aveva svegliato per mai più farlo riaddormentare. Non c’è soluzione per il suo problema, è piegato in due dal dolore, un dolore che conosce: probabilmente è una colica renale e l’unica soluzione è quella di chiamare l’ambulanza. Chiamo l’ospedale dove dopo un breve “interrogatorio” dove vogliono sincerarsi dell’effettiva gravità della situazione, decidono di inviare il mezzo. All’arrivo, dopo i rituali iniziali con scambio di informazioni e coordinate sanitarie tra noi e il medico, un simpatico francese che avrebbe anche avuto voglia di testare il suo italiano parlando un po’ con noi, faccio salire Luca sull’autoambulanza, senza peraltro poterlo seguire, a causa delle norme anti-Covid.
Mi danno un numero di telefono da chiamare almeno dopo due ore dalla loro partenza, e se ne vanno, sono le 3,30 della notte, e Angouleme si dorme l’ultima notte del Festival Internazionale della BD del 2022.
Anch’io dopo una doccia ristoratrice me ne vado finalmente a letto, concludendo così, con l’imprevisto, questa giornata così incredibilmente lunga.

GIORNATA SEI

La mattina mi sveglia Fabrizio con una telefonata, è venuto a conoscenza del tutto tramite gli scambi su Whatsapp tra Luca  e Federica, mi sento in colpa per essermi addormentato, ma avrei potuto fare ben poco, le comunicazioni in inglese tra Luca e i medici sono state esaustive, è l’unica cosa da fare è procedere normalmente ed aspettare l’ecografia che gli faranno per stabilire l’entità del calcolo che, pare, prema sulla vescica e causi il dolore.
Facciamo colazione con Lele Vianello come stabilito alla solita caffetteria, e raccogliamo gli auguri che vengono rivolti all’indirizzo di Luca anche allo stand della Mosquito dove sono andato a prendere dei libri dedicatici, poi ci dirigiamo al padiglione ParaBD dove abbiamo lo stand, per cominciare a traslocare il materiale nel van parcheggiato sotto la piazza, in modo da essere pronti quando, e se Luca verrà dimesso.
Nel frattempo, visto l’opportuno cambiamento dei piani, telefono alla direttrice della Croce Rossa di Angouleme per anticipare il nostro incontro, per donare il nostro incasso percepito nella manifestazione, e che abbiamo deciso di devolvere per gli aiuti della Ucraina. L’incontro avviene così alle 11,00, e puntualmente consegniamo la busta con il contante al presidente, che mi annuncia che, essendo appunto contante verrà impiegato per l’alloggiamento dei rifugiati ucraini che arriveranno in città (se la donazione fosse stata con un assegno, avrebbero provveduto a spedirlo a Parigi alla sede centrale).

Insieme a Francesco, mentre consegniamo l’incasso de La Città delle Nuvole alla presidente della Croce Rossa di Angouleme, Danielle Pigeault.

Io e Francesco cominciamo a portarci a mano tutte le scatole dal padiglione al mezzo, fino a che Luca non comunica che lo dimettono. Perciò prendo un taxi e mi dirigo verso l’ospedale Pichard, che tutti chiamano di Angouleme, quando invece è sul territorio di Saint Michel, un comune limitrofo.
Luca sta bene, è affamato, e andiamo a mangiare al Green, un ristorantino subito fuori dal padiglione e all’inizio del quartiere vecchio è pieno di localini, qui  ci compongono dei piatti con tutto ciò che desideriamo: dal riso al couscous, dalle verdure ai formaggi con vari condimenti, una formula di ristorazione che va molto e garantisce un’alimentazione sana e bio, e si sa, tutto quello che è bio oggi garantisce lunga vita, serenità, felicità e salute. Per i soldi ancora ci stanno lavorando.

La gaiezza che esprimono i nostri volti, non è altro che l’espressione del desiderio di partire quanto prima.

Si parte intorno alle 16,00, passando prima dall’appartamento a prendere i bagagli. Il resto è poca cosa, è solo il viaggio fino a Carcassonne, dove decidiamo di fermarci per mangiare, gli orari francesi sono particolari, e le cucine chiudono ad orari per noi inusuali. Infatti, arrivati alla bellissima cittadina circondata da una cinta muraria che inviterebbe a girarci un film in costume, ci mettiamo subito in cerca di un ristorante. Nel primo che troviamo aperto (c’è ne sono moltissimi, ma sono tutti chiusi), ci viene detto che è troppo tardi per servirci, e faccio notare che sono le 20,30. Fortunatamente ne troviamo un altro, dove invece l’orario non è un problema, e ci fanno accomodare.

Carcassonne.

Il ristorante si chiama L’Ostal des Troubadours, ed è davvero caratteristico, travature in legno lì da secoli, sorreggono struttura e soffitto, drappi e mille particolari arredano il locale è lo rendono simile ad una locanda come doveva essere quando a frequentarla c’erano i moschettieri. Io mi prendo il piatto locale, la cassulette, una minestra con maiale, salsiccia e fagioli. È un piatto tradizionale e mi rendo conto che forse non è adattissimo per permettermi di trascorrere una notte senza il mio tremebondo russare, e infatti temo ne abbia fatto le spese Francesco che ha dovuto sopportarlo.

L’Ostal des Troubadours.

All’uscita dal locale, la pioggerellina fastidiosa che ci aveva accolto ha smesso di dare fastidio, e ci mettiamo a fare delle foto alla cittadella che davvero offre spunti bellissimi e scorci da incorniciare.
Poi ci rimettiamo in marcia fino a Montpellier, dove alloggiamo in un confortevole albergo prenotato al volo e dove pernottiamo.

GIORNO SETTE

La sveglia è dolce e melodica, la suoneria di Francesco ha un suono che concilia il risveglio, devo pensarci su, dovrei usarla anch’io, la mia infatti è più traumatica e mi indispone sin dalla prima mattina.
Siamo in una zona periferica della città di Montpellier, il nostro è un bell’hotel business e si chiama Pullmann, ma al risveglio ci accorgiamo di essere adiacenti al centro commerciale della Galerie Lafayette, che all’andata avevamo visto dalla parte opposta. Decidiamo così di salire e fare colazione ad una caffetteria del centro commerciale.
Le nuvole della serata precedente si sono allontanate, e la navigazione verso il rientro in Italia pare indirizzata verso il bel tempo, a sud infatti, si intravede la luce che promette di illuminare una bella giornata.
C’è ben poco altro da aggiungere per la maggior parte della giornata, le uniche cose da annotare sono l’assenza dei cantieri sulle autostrade francesi, roba vecchia, ormai, già segnalata da tempo, favorita sicuramente da una topografia più semplice del territorio francese, ma sicuramente anche da una manutenzione probabilmente più attenta.
Breve sosta per mangiare i soliti tramezzini proposti dagli autogrill francesi, che di “grill” non hanno assolutamente niente, visto che sono tutti alimenti da frigo. Un Orangina, giusto per dare quel tocco transalpino al fugace pasto, e poi via verso il territorio nazionale. Mano a mano che andiamo verso sud, il cielo si apre e il sole bacia il nostro viaggio è ci fa sentire sempre più a casa.
Tutto sembra andare per il verso giusto, quando in prossimità di Genova, intorno alle 16,00 e dopo essere usciti da una coda che ci stava ricordando con solerzia le abitudini nostrane, sentiamo un tonfo secco sotto il Van. Fabrizio, che in quel momento era alla guida, appena dopo il rumore, avverte un leggero sbandamento al veicolo: abbiamo forato!
Ci fermiamo in un’area di sosta e chiamiamo l’autonoleggio, al di là della probabile difficoltà di cambiare la ruota, non riusciamo a trovare gli attrezzi per farlo. Nel vano portaoggetti c’è soltanto il cric, ma mancano chiavi per bulloni e una particolare leva per far calare la ruota di scorta. Poi, tra l’altro, avendo un’assicurazione casco, siamo esentati dal cambiarla, per cui dobbiamo chiamare necessariamente l’assistenza. Arriva dopo un po’ dopo aver superato il blocco stradale che anche noi avevamo incontrato, ma anche lui, senza attrezzi può fare ben poco. Passiamo parecchi minuti a capire cosa fare, comunicare con l’agenzia di autonoleggio, e optiamo all’ultimo momento per caricare il furgone sul carro-attrezzi, salvo poi, in extremis, trovare nascosto in un cassetto laterale del sedile anteriore, il fagottino degli attrezzi. Il tempo di cambiare la gomma, posizionare la vecchia sotto il veicolo e “ripartire di slancio”, come diceva una vecchia pubblicità del Pocket Coffe.

Il solito italiano che guarda lavorare gli altri.

L’enorme taglio inferto evidentemente da un pezzo perduto da un automezzo e che ha lacerato il nostro copertone.

Comunque abbiamo perso almeno due ore, quando ci vedevamo già a casa ad un’ora più umana.
Una caratteristica del viaggio, è stato il tormentato “ricalcolo del percorso” di uno sperduto navigatore che, fuorviato evidentemente dai frequenti cambi di corsia sull’autostrada italiana, e probabilmente da una pessima ricezione a causa delle gallerie, è entrata in confusione da Ventimiglia a La Spezia senza soluzione di continuità. Nonostante la gentilezza del suono e il timbro della voce, le sue preghiere inascoltate di “curvare a destra” o “invertire il senso di marcia”, ci ha accompagnato con assillante frequenza sul territorio italiano. Credo che per la confusione creata dall’impossibilita di individuare la giusta direzione del percorso, fosse fra di noi quella che più di tutti era ansiosa di terminare il viaggio, nonostante tutte le altre disavventure.

Che dire? E’ stata una piacevole vacanza, resa, come sempre, più saporita dagli imprevisti, anche se di qualcuno ne avremmo fatto volentieri a meno, ma è stata l’occasione di evadere per parecchi giorni dopo due anni di immobilismo estenuante e asfissiante.
Angouleme è sempre la stessa, probabilmente questa edizione, seppur sotto tono nei confronti delle precedenti, vuole segnare uno smarcamento da due anni insopportabili, vuole essere il segnale dal quale ripartire per provare a tornare ad una normalità che tuttavia non sarà più la stessa, almeno nel breve periodo.
All’Espace Franquin, il centro espositivo nel cuore della cittadina, c’era esposto un cartello che indicava come il 9% l’incremento delle vendite nel settore e il 6% netto di ricavi in più, un segnale davvero incoraggiante per il mercato francese che, evidentemente, ha tratto profitto dall’isolamento forzato di questi anni.
Speriamo sia di buon auspicio indipendentemente dai lockdown, sarebbe il segno evidente che leggere la BD o se vogliamo i fumetti, non è ancora un’usanza desueta.
Speriamo che lo sia anche da quest’altra parte del confine.
Io sono stato bene, mi sono divertito, ho comprato poco perché niente oramai scuote i miei interessi più di tanto. Ho fatto un po’ di PR, ma con una tranquillità di chi sa che non vuole chiedere più di tanto, perché non può aspettarsi più di tanto e perché non può desiderare più di tanto.
Devo risolvere i miei dubbi prima di poter chiedere risposte a questo proposito.
Ho visto molte cose, ma tra queste niente mi ha entusiasmato né incentivato a riprendere a sognare come facevo un tempo, forse c’è bisogno di altro.
Speriamo prima o poi di trovarlo.
E’ stata comunque una bella vacanza.

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