NORMALMENTE

Parto così, parafrasando una bellissima canzone di Joe Barbieri (malinconica e triste, ma la consiglio), perché capitatoci per caso sul mio sito (essendo il mio che ci vado a fare?), mi accorgo che l’ultimo post è nientepopodimeno che un report sul Festival di Blois, praticamente un anno fa.
Mamma mia.
E sono appunto qui per correre ai ripari ed occupare così uno spazio che è rimasto orfano delle mie paturnie per molto tempo, perfino troppo.
In effetti essendo uno spazio dove inserisco avvenimenti e, appunto, reportage sui miei festival esteri, mi sono di fatto ritrovato sbattuto in faccia il totale immobilismo di un anno, l’anacronistico status quo di 365 giorni in cui (anche se non è vero) è successo poco o niente, professionalmente intendo.
Poco o niente”…si fa sempre per dire.

Italiani alla finestra

In realtà è successo di tutto, ma tutto ciò che è accaduto farà sì parte della storia di questo giovane e nuovo secolo, ma esula da quei contesti che valgono la pena essere ricordati anzi, siamo e saremo molti più occupati a dimenticarcene (almeno chi l’ha vissuto direttamente), se non per stretta necessità pratica.
L’esplosione di un virus aggressivo e sconosciuto trasformatosi in pandemia, ha sconvolto molte certezze a cui ci eravamo erroneamente arroccati, e svelate le mille debolezze di una società che, presa dal correre e rincorrere soldi e crescita indiscriminata, si è dimenticata di essere popolata da miliardi di persone vulnerabili, connesse in maniera indissolubile tra loro e che, nel bene e nel male dipendenti l’una dall’altra in maniera imprescindibile.

CovidxCarlo

Abbiamo scoperto quanti politici di cartapesta fatti a “chiacchiere e distintivo” capaci solo di speculare su disgrazie, ma privi del ben che minimo etico e cooperativo, o di società che hanno valori su cui si basano e che sono, seppur più povere di altre, molto più moderne, lungimiranti ed eticamente migliori di quelle tecnicamente ed economicamente più avanzate, ma barbaramente fondate su egoismi e capitalismi selvaggi.
La domanda però è sempre la stessa: ce ne siamo accorti?
La risposta la lascio all’introspezione di chi se la vuole porre, io la mia ce l’ho.
E’ stato chiuso tutto, si è fermato il mondo (chi prima o chi poi), e chi ha continuato ad andare avanti ha pagato dazio, si sono serrati negozi, attività lavorative, teatri, cinema, festival, musei e manifestazioni, il mondo ha trattenuto e sta trattenendo il fiato per capire quando riprendere aria (e che sia respirabile), e ancora non siamo fuori dal pantano.

Acquerello, china e matita su carta Arches, illustrazione realizzata per una pubblicazione realizzata dal PAFF di Pordenone peronare il ricavato in beneficienza, in occasione della pandemia di Coronavirus 2020. Aprile 2020 Copyrights Stefano Casini

Abbiamo cantato sui balconi, ci siamo detti che sarebbe “andato tutto bene”, che le categorie sanitarie erano i nostri eroi, i nostri salvatori (prima) per passare all’istante ad essere untori (dopo), poi ci siamo liberati delle paure e siamo tornati ad essere i soliti pazzarelli irresponsabili di sempre, ed adesso ci ritroviamo di fronte a scelte difficili e sacrifici che non avremmo più voluto fare e siamo immersi in una quotidianità fatta di talk-show che non parlano d’altro, di TG che non parlano d’altro, e di scienziati che parlano troppo, in questo maledetto anno crudele che ha fatto di tutto per non farsi dimenticare tingendosi di nero.
Se esiste una sola ragione di riflessione che ci aiuti ad essere meno critici sul contenimento di ciò che ci sta accadendo e che, se facciamo lo sforzo di osservare fuori dai nostri confini, tutti si stanno comportando nello stesso modo, segno evidente che i problemi sociali, quando emergono in un mondo globalizzato come il nostro, sono per tutti uguali, perché navighiamo tutti nello stesso mare e, per restare nella terminologia nautica, sulla stessa barca.
Il mondo editoriale nel quale vivo da anni ha avuto, come se ce ne fosse stato bisogno, una ulteriore battuta d’arresto, vuoi perché la mancata mobilità e le chiusure ha bloccato le persone all’acquisto di fumetti e libri (anche se ordinare on-line era possibile), vuoi perché quando i settori sono in crisi ogni criticità fa peggiorare la situazione
Perciò è normale che professionalmente il mio mondo si sia fermato a Blois, annullati tutti gli impegni dell’anno ci siamo ridotti a “vedere il mondo da un oblò” (Gianni Togni, docet), limitare gli spostamenti anzi, annullarli proprio, terminare la scuola con didattica a distanza, e rimanere fino ad oggi in regione, in un’inamovibilità che non mi è propria ma che, alla fine, non è che mi sia costata neanche più di tanto.

La cultura crea-Manifesto

Trascorsa la stagione che più amo tra la pineta delle mie passeggiate e bagnarsi nel dirimpettaio Tirreno trovando conforto in effimere abbronzature stanziali, sono rimasto sul Nathan Never da realizzare e ho deciso di sacrificare il mio tempo in un graphic-novel scritto durante il lockdown e a tinte fosche da realizzarsi a data da destinarsi (tanto impegni dove promuoverlo, al momento non se ne vede).

NN.Uomini in guerra.Pag.38

Scagnozzi 1 & 2

Anche il mercato francese mi pare non se la passi bene, annullati i festival e manifestazioni, e quindi fermata ogni occasione di promozione, le vendite e di conseguenza le uscite (lo vedo dalle newsletters di siti specializzati), latitano e, come nel cinema, i “big” si aspetta momenti più propizi per farli uscire, per paura altrimenti di penalizzare troppo le vendite.
E’ così: viviamo alla giornata con una relativa progettualità, non sospesa, ma neanche al massimo, perché quando la prospettiva è nebulosa, tutto si appanna, e anche i nostri propositi restano nel guscio, in attesa di momenti migliori.
Mi sembra già molto e non lo è, avere occupato di un post questo spazio del mio sito rimasto congelato per un anno, a segno di una ritrovata vitalità che voglia stigmatizzare il periodo che stiamo vivendo, come una speranza più auspicata che intravista, ma sicuri che sia comunque dietro all’angolo.

A Napoli dicono “Ha da passa’ a nuttata!”… ma ancora mi sembra di avere passato appena la mezzanotte.
Siamo fiduciosi.

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