Vedere casa e salutarla ancora, è stato tutt’uno. Oramai anche immaginare una tranquilla serata da trascorrere stravaccati sul divano a vedere un film, sta diventando una chimera.
Ieri intera giornata di lezione all’Accademia Nemo più cena con avvocati e commercialisti, in un bel rilassato clima prenatalizio atto da amene conversazioni che eludessero impegni e coinvolgimenti societari, finalmente, in modo da scoprire anche la parte più umana e divertente che si nasconde dietro la talvolta distaccata (sempre detto in modo molto relativo) facciata professionale. Tanto da scoprire che anche per altre categorie, certi passi del governo creano problemi e disaccordi, dando l’impressione che, almeno fin qui stiano davvero scontentando tutti, che in sé è già un bel risultato per chi si proponeva come una forza di cambiamento, perché creare una fascia di elettorato deluso in modo così omogeneo non è cosa da poco.
Ad ogni modo, per quanto la cena sia iniziata molto tardi, del resto è inevitabile quando le lezioni finiscono alle 21,00, siamo stati molto bene tutti insieme epurati da pensieri e strategie, ed inclini all’amena chiacchierata tendente al banale cazzeggio.
Ma adesso siamo già su un Frecciarossa diretti a Roma, ci aspettano tre giornate di fiera Più libri più liberi, festival della piccola e media editoria, una manifestazione alla quale non sono mai stato e dove se da un lato c’è la curiosità della novità, c’è anche l’incertezza che, trattandosi di un evento non specificatamente legato ai fumetti, la promozione della graphic-novel sarà da effettuarsi combattendo lettore dopo lettore, ne trarremo le conclusioni venerdì sera, noi come sempre siamo pronti alla pugna.
La giornata è bella, e a parte una zona che abbiamo attraversato immersa nella nebbia, adesso stiamo correndo ad alta velocità paralleli all’autostrada sfrecciando nella campagna Toscana. Il treno ha molti posti vuoti, nonostante i treni ad alta velocità sono diventati una grande alternativa ad auto ed aerei per alcune località che ne beneficiano dei servizi, non sono propriamente economici, ma nel computo costi e benefici di un viaggio, alla fine si è trasformata in una validissima opzione, anche perché le stazioni ferroviarie, a differenza degli aeroporti, sono situate nel cuore delle città, per cui l’arrivo non ha mai tempi i morti di trasferimento.
Sono abbastanza stanco, e forse più mentalmente che fisicamente, il continuo correre, la continua tensione rivolta al lavoro da terminare in tempi strettissimi, e ad altri problemi contingenti, mi stanno mettendo nella condizione di anelare la fine di questo periodo che, a dire il vero, proprio per la sua intensità, cose da fare ed impegni, è bellissimo, e qui potremmo attingere alle tematiche di Schopenhauer, che vedeva l’uomo nella sua infelicità, quasi che la vita stessa fosse portatrice più dei dolori che ne ammorbavano l’esistenza, piuttosto delle gioie da cui dovrebbero sollevarla, in una continua tensione tra up e down dove il secondo ne esce sempre vincitore.
Ma come diceva ieri nel suo monologo Giovanni Veronesi in apertura della trasmissione “Non è un paese per giovani”, la mattina dovremmo sempre ridere, anche solo per la soddisfazione di avere superato la notte, di essere qui, vivi e poterlo dire con tutta la gioia che la vita può darci, e mandare affanculo tutti i problemi che ci ammorbano l’aria.
E adesso, per quanto ne sarò capace, mi voglio godere questo tempo del viaggio che mi resta guardando dal finestrino, e lasciare che la mente voli dove vuole.
Arrivo a Termini in orario, so più o meno dove devo andare ma digito ugualmente con Google Maps la destinazione, sono 18 minuti di camminata, la giornata è buona, si può fare.
La strada si snoda lateralmente alla stazione, il panorama non è bellissimo ma Roma ha mille sfaccettature, accettiamole, a fronte del Colosseo e di mille bellissime fontane, ha anche quartieri minori. Ma mano a mano che scendo il paesaggio si fa sempre più brullo, scrostai e poco edificante, ma io non mi perdo d’animo. In realtà, quando arrivo mi accorgo a malapena del B&B, che divide con una ordinaria targhetta, il suo nome con gli altri condomini, e oltretutto, non è lo stesso che avevo visto su internet. Mentre osservo lo squallore della facciata del palazzo tutta piena di graffiti come fosse una casa occupata, sento squillare il telefono, è il gestore del locale che è sull’altro
lato della strada e che mi avvisa che sta arrivando, parcheggia e saliamo,le,scale fino al primo piano. È un B&B come molti altri ma l’ingresso è abbastanza squallido, si chiama Casa Particular, e vorrebbe riecheggiare le strutture turistiche cubane, che con il loro nome denominano una struttura privata dove si possono affittare delle camere, quello che in effetti è. Lungo il corridoio si affacciano diverse porte, tutte con molti Post-It attaccati, evito di leggere le scritte, me ne frego, la cosa è già di per sé squallida. La cucina sembra quella di una famiglia che l’ha lasciata in disordine prima di andare a lavorare, ordinaria e non da neanche l’idea di grande pulizia. Il gestore con fare confidenziale, ma guardingo (deve già avere notato la mia faccia tra lo schifato ed il disgusto) mi invita ad accomodarmi ed andare sul terrazzino, mentre lui pulisce la stanza da poco abbandonata.
Comincio ad incazzarmi.
Il terrazzino è quanto di più squallido si possa immaginare, piantine rachitiche al limite dell’anoressia vegetale, su un lato da sul retro avvilente, e a lato della porta un divano sfondato che perfino un rigattiere all’ultimo stadio rifiuterebbe, perché pronto solo per la discarica. Decido di tornarmene alla mostra con i bagagli affermando che non resterò un minuto di più in quella casa, non mi piace fare capricci da prima donna ma neanche ho voglia di trascorrere tre giorni in quella bettola. Da un lato però non voglio offendere nessuno, meno che meno oltraggiare qualcuno che mi offre ospitalità, decido di attendere di vedere la camera, nutro il sospetto che non abbia il bagno in camera, e questo davvero non lo tollererei.
Ma il bagno c’è, la camera è grande ed appare pulita, decido di soprassedere e rimanere, e me ne esco per andare alla manifestazione.
Prendo la metro e scendo a EUR Fermi, qui raggiungo la struttura che ospita la manifestazione che risulta nel palazzo della “Nuvola” di Fuksas, bellissima anche da vedere all’esterno, Elena mi viene a prendere e ci scambiamo i pass ed entriamo.
Il Centro Convegni a Roma.
Il resto della mattinata scorre senza problemi, decido di non disegnare e invece mi dirigo a mangiare un boccone, cerco di ottimizzare il tempo, ma Silvia mi chiama, c’è spazio per un’intervista a Radio Radicale, ci incontriamo e saliamo al piano superiore.
Terminata l’intervista ci dirigiamo verso il ristoro, mi farò una pizzetta ed un panino, ma mentre sto telefonando guardando fuori dalle vetrate del palazzo, riconosco due signore con le quali abbiamo mangiato insieme il giorno della presentazione del calendario della Polizia, ci incontriamo e ci salutiamo. Andiamo così diretti allo stand ufficiale della Polizia di stato, dove trovo altre redattrici con le quali ho collaborato, ci ripromettiamo di incontrarci nei giorni seguenti, e con il direttore del giornale Polizia Moderna torniamo allo stand Tunuè.
Io comincio così a realizzare dediche, ma la gente che si ferma è scarsa, riesco a farne una ma il primo giorno è per addetti ai lavori, ma il tempo passa, e quasi all’ora della chiusura della manifestazione, decido di andarmene da solo, del resto la fine della serata era prevedibile, la filosofia è ognun per sé e Dio per tutti.
Ma evidentemente non è destino, all’ultimo stand prima dell’uscita, scorgo Roberto Genovesi, amico, scrittore e giornalista, funzionario Rai e direttore della manifestazione Cartoon on the Bay che mi aveva fatto da relatore all’ultima presentazione a Roma, e cominciamo a parlare e, nella sua nuova situazione da single è facile,per,lui immaginare una serata da trascorrere insieme, libero com’è da impegni familiari.
Continuiamo il giro al salone, e con lui ho la possibilità di visitare ulteriormente la mostra, poi decidiamo di andarcene sempre tra una chiacchiera e l’altra,
ci fermiamo a casa sua giusto il tempo di dare da mangiare ai gatti, e poi diretti alla Base un ristorante carino dove consumavamo la cena e la fine della giornata piacevolmente insieme, parlando dei nostri temi preferiti.
Finisce così una giornata nata sotto altri auspici, continuata con un velo di serena rassegnazione è terminata come forse non avrei mai previsto, adesso, stanco ma felice di scrivere queste poche righe, credo di potermi concedere il meritato riposo.
La “Nuvola” di Fuksas by night e con l’amico Roberto Genovesi.
Non mi alzo presto, nonostante dalla finestra senza scurini lasci entrare una luce alla quale non sono abituato, per cui mi traccheggio quel tanto che basta per uscire di casa oltre le dieci. Non credo di trovare file ad attendermi, ho capito benissimo che i giorni che ho deciso di venire sono i meno adatti alla promozione, sono troppo tranquilli e la circolazione degli addetti ai lavori è più massiccia, ma l’impossibilità di essere presente il fine settimana, sicuramente più proficuo, sono impegnati altrove, per cui ho dovuto fare di necessità virtù per mantenere la parola è venire comunque qua.
Arrivo e mi metto a fare qualche dedica di default, poi arriva un fan che aveva promesso di incontrarmi: Francesco D’Angelo è una persona che conosco da tempo e che mi apprezza molto ed io lo contraccambio con altrettanta stima, ma che per mille motivi (il primo è che a Roma non vengo spesso) non ho mai incontrato di persona, stiamo molto insieme e facciamo due chiacchiere, oltre a condividere un episodio casuale che potrebbe avere mille implicazioni, oltre a sottolineare un aspetto filosofico della vita, che nella sua circolarità magica, talvolta connette tasselli di destino che non sembrano combaciare casualmente. Lo so, sono criptico, ma ogni cosa a suo tempo. È una persona davvero gradevole e gli realizzo una dedica sul libro che spero apprezzerà.
Poi incontro Marco Gisotti, un amico giornalista con il quale ci eravamo ripromessi di incontrarci per trascorrere la serata insieme, è con la sua amica Barbara Sabatini con il quale “pranziamo” insieme e scambiamo quattro chiacchiere almeno fino alle quattro, ed andando all’interno della favolosa “nuvola” di Fuksas, l’archistar che ha progettato tutto il palazzo dove è ospitata la mostra, una struttura dentro un edificio , e modellata da architravi di metallo sulle quali scorrono delle giunture che tengono insieme una tela che la ricopre facendola apparire come una “nuvola” appunto, che a sua volta si trova all’interno di questo palazzo interamente rivestito in vetro (per cui visibile dall’esterno), struttura costituita da tre piani dentro i quali si possono organizzare incontri e mostre, e che ha un fascino davvero incredibile, e dove si dimostra che quando l’architettura è concepita non solo come spazio abitativo ma, al servizio dell’estetica e della funzione, diventa opera d’arte ed attrazione al tempo stesso.
All’interno della Nuvola con Barbara Sabatini e Marco Gisotti.
Le fantastiche strutture architettoniche all’interno della Nuvola e l’incontro, al suo interno, col giornalista Paolo Mieli.
Poi ritorno alle firme, e qui mentre realizzo una dedica ad un lettore, se ne aggiunge un altro, Filippo Agostini che spesso mi scrive e con il quale interagiamo su Facebook, tanta è la passione e la dedizione al mio lavoro che è difficile non instaurare un rapporto amichevole con persone che così tanto ti apprezzano, e per fortuna il tempo passa, non si fanno molte dediche, e rimpiango un po’ il tempo che mi sarebbe stato utile per terminare il mio ultimo lavoro, ma sono qui e sabato è da qui che devo partire per Basilea.
Passano vari conoscenti con cui faccio due parole e poi ci mettiamo a parlare con Simona Binni, un’autrice Tunuè con la quale abbiamo dedicato gomito a gomito anche a Lucca, ma con la quale non avevamo scambiato molte parole, addentrandoci un po’ su discorsi tecnici e al tempo stesso gli argomenti di fondo sui quali un po’ tutti ci arrovelliamo: dove stiamo andando, come lo stiamo facendo e che prospettive ci aspettano ed io, oramai lo sapete bene, su questi argomenti non brillo per entusiasmo.
Faccia un altro paio di dediche e poi decido di smettere, le persone si diradano e l’orario induce alla dismissione delle attività. Mi ritrovo con Marco Gisotti con il quale mi ritrovo a bere al bar e poi ci raggiunge anche Roberto Genovesi.
Ora, dovete sapere che il Fantastico Trio, non è che una sparuta parte di un gruppo che si ritrovava a Roma, in occasione delle mostre di Expocartoon (edizione sia invernale che primaverile), nei luminosi anni novanta, e che contava anche Michele Medda, Bepi Vigna e Andrea Cascioli (ed altri casuali avventori, ma il nucleo quello era) e che immancabilmente pranzava, cenava e si ritrovava a latere della manifestazione. Terminate le edizioni, pur restando l’amicizia, è venuta meno l’assiduità della frequentazione che, in occasione come questa, e con la disponibilità dei presenti, si rinnova però alla prima occasione utile. Non è cambiato niente, o meglio, qualcosa sì, qualche capello bianco in più , qualche chilo in più (ma non per me, intendiamoci), qualche moglie in meno, ma lo spirito è lo stesso, gli argomenti pure, la voglia di stare insieme a fare quattro risate anche.
Siamo all’EUR e ci dirigiamo in una pizzeria vicino che però ha già tutto prenotato, evidentemente, vista la vicinanza alla manifestazione, molti dei partecipanti per comodità hanno già prenotato lì, ci dirigiamo allora verso il vicino Old Wild West, una catena di ristoranti dal menù e dallo stile americano dentro al quale non sono mai stato, c’è posto, proveremo anche questo.
Il servizio è velocissimo e devo dire la carne ordinata è molto buona e soprattutto ben cotta, almeno esattamente con la cottura media che piace a me, ma abbiamo anche posto per un piatto di nachos unico che ci dividiamo tra una chiacchiera sul fumetto (poco) e una sul cinema (molto), dove le enormi differenze di gusto tra Roberto e Marco inducono a risate e sfottò, e la serata passa così in maniera gradevole.
Poi Roberto ci accompagna tutti a casa, ci salutiamo tutti e la giornata finisce qui, ma nel computo tra i costi ed i benefici della mia presenza qui a Roma, bilancio che potrei anche rimandare a domani e forse sarebbe anche più giusto, se prendo in considerazione la giornata di oggi, per una serie di motivi potrei quasi dire che ne è valsa la pena, perché in un caso particolare potrebbe portare sviluppi interessanti, e questa cosa conferma l’idea che, in un lavoro di relazione come il mio, non puoi mai sapere se e dove puoi incontrare qualcuno o sapere di qualcosa che potrebbe tornarti utile nel tuo lavoro, è già capitato e probabilmente capiterà ancora, e non è una semplice scusa per giustificare certi spostamenti.
Del resto della vita, come nel maiale, non si dovrebbe buttare via niente, e con una massima filosofica così posso anche congedarmi da questo 6 Dicembre.
La giornata comincia identica alle altre, una volta preso il via generalmente si assomigliano, le variabili sono le persone che incontri e grandi incontri durante la mattina non se ne fanno poche dediche e molti studenti, le mattine hanno questa caratteristica. Allo stand Perugini “Pera”, fa il botto, con il suo libretto ipnotizza dei ragazzini che vanno pazzi per i suoi “delitti da risolvere” con disegni infantili e stilizzati, un prodotto perfetto le di suoi post si Instagram che continuamente controlla in un computo continuo di I like e contatti, per la crescita potenziale ed economica della sua escalation, oggi il successo in questi contesti si calcola con questi parametri, ed è quando parlo con lui che mi accorgo, pur apprezzandolo, di quanto siamo distanti come obbiettivi e come visione del mondo.
Stamani c’è anche Bruno Cannucciari e Grazia la Padula, altra autrice molto brava e dallo stile molto personale che apprezzo, poi me ne vado a mangiare e passo allo stand della Polizia, dove oramai mi sembra di essere di casa tra i redattori di Polizia Moderna, incontro Annarita Bucchieri, la direttrice insieme a Luca Scornaienchi che è lo sceneggiatore del “Commissario Mascherpa” personaggio che anima le pagine della rivista ufficiale del corpo, e che adesso è stato raccolto in un album cartonato il cui ricavato sarà devoluto ai bambini con problemi dei figli di poliziotti. Gentilmente mi invitano alla presentazione che verrà effettuata nel tardo pomeriggio. Poi però mi ritrovo Annarita allo stand Tunuè, è venuta per farsi dedicare una mia graphic-novel per recensirla sulla sua rivista, la dedica è per il suo capo è lì per lì non ci ho trovato niente di speciale. Poi continuando a parlare, e anche considerando che precedentemente aveva già detto che la mia storia sarebbe stata molto adatta per il suo capo, in quanto toscano come me e anche lui con il mare a lambire la città da dove proviene, non avevo però immaginato chi fosse, avevo preso in considerazione un capo generico nella grande gerarchia della Polizia, specialmente a Roma dove immagino ci sia una piramide vertiginosa. Invece no, si trattava del capo supremo, e cioè Franco Gabrielli, il capo della Polizia di Stato, viareggino e quindi toscano marittimo come me, per cui con la dedica “A Franco con simpatia, da un toscano ad un altro toscano di mare”, il mio libro adesso è tra le sue mani, con l’auspicio che lo possa gradire.
Me ne ritorno allo stand a fare altre dediche, in attesa che arrivi il termine della giornata, nel frattempo allo stand BAO Publishing Zerocalcare continua a mietere dediche su dediche di una fila di persone che per non intralciare viene accostata al perimetro dell’enorme salone che ospita la manifestazione, accanto a lui scorgo Leo Ortolani e Stefano Turconi che saluto, siamo stati insieme in un festival in Francia qualche tempo fa.
Arriva la sera e presenzio la presentazione della Polizia, non c’è molta gente, ma tutto sommato è simpatica la sinergia tra la fiction del racconto ed il crudo realismo di un responsabile di un commissariato di zona, con le dinamiche che entrano in gioco nell’ordinaria amministrazione di una struttura sul territorio.
La sera il gruppo Tunuè-il Castoro prima del party organizzato a Testaccio, andiamo a cena al Giulietta, una pizzeria che, accoppiata al ristorante Romeo (con l’entrata poco distante), sottolinea con un semplice binomio una gerarchia sociale di chi si può permettere solo una cena a base di carboidrati conditi oppure una scelta alimentare più complessa e costosa. Ma il locale è carino ed il servizio è veloce, e con Cannucciari e Gianluca Liguori, marito di Silvia Bellucci, trascorriamo un oretta di piacevole conversazione. Poi tutta la comitiva si dirige a piedi verso il locale adibito alla festa, ubicato sopra il ristorante Checchino (storico locale dove la cucina tradizionale è curata come la lingua italiana all’Accademia dei Lincei), e qui in uno spazio piuttosto angusto, ci ritroviamo in una quarantina di persone che si accalcano a prendersi i vari drink, miscelati da una mia vecchia conoscenza, un ragazzo con il quale avevamo condiviso una Lucca insieme a Mauro Paganelli e che al momento in cui incrociamo gli sguardi, mi riconosce immediatamente fugando ogni mio dubbio residuo.
Qui incontro Emiliano Mammucari, con il quale parliamo un po’ della Bonelli, e ascoltando un giovane autore che è impegnato nel nuovo “corso” della casa editrice, con nuovi investimenti, la costituzione di case di produzione per il cinema, e che all’interno di questo processo lui ne è un sicuro protagonista, percepisco un entusiasmo e una sicurezza che non riesco a trovare altrove, sole anzi è il pessimismo ed il dubbio la matrice di ogni riflessione. Io per mi natura sono incline alla mediazione per cui tendo a smorzare l’entusiasmo da una parte, così come smussare il pessimismo dall’altra, ma allo stesso modo e con altre motivazioni mi sembra più di rilevare problemi che motivazioni, ma è anche vero che nel continuo e costante cambiamento delle cose, tutto è possibile.
Me ne vado neanche troppo tardi dalla festa, mi sarei anche trattenuto, ma a dire il vero, nonostante la piacevole compagnia il pensiero della partenza del giorno dopo, e la somma delle stanchezza accumulata in queste continue peregrinazioni mi spinge ad andarmene e che, tra un ritardo del taxi ed il traffico romano del venerdì sera, mi manda a letto all’1,30.
Adesso sono in partenza con un A319/320 di Easyjet per Basilea in un velivolo pieno in ogni ordine di grandezza in file di sei, l’aeromobile sta muovendo verso la pista di rullaggio, ho scritto abbastanza e decido di alzare le mani dalla tastiera e concedermi un po’ di riposo, appena arrivato non credo che avrò molto tempo e dovrò mettermi a sedere.
Dormiamo, vai.
Il festival nel quale sono invitato è la Fete de la BD di Audincourt, un festival dove mi avevano invitato più volte, e dove ricordo una volta non potetti andare, non ricordo più il motivo. Risulta abbastanza vicino a quello di Illzach e quindi probabile che incontri molti lettori che mi hanno conosciuto nell’altra manifestazione. Qui dovrei incontrare Paolo Deplano e Laura Zuccheri, ma anche Giuseppe Manunta, che però dovrò considerare come “francese”, visto che se non ricordo male vive a Strasburgo.
Arrivo all’aeroporto di Mulhouse e trovo Regis ad attendermi, un’ora di auto ci divide da Audincourt e per un po’ la condividiamo a parlare. Piove, piove molto è piuttosto intensamente.
All’arrivo mi porta direttamente da Carole Nommay, una bella signora dai capelli corti alla maschietta di colore giallo/bianco dal sorriso aperto e gli occhi sorridenti, si sforza di parlare in italiano e solo per questo mi resta già simpatica, ma avevo già individuato la sua gentilezza e prontezza di spirito nei panni della gentile organizzatrice che aveva pianificato il mio complicato viaggio di arrivo e ritorno, e poi ci siamo diretti all’area ristoro, situata un un mensa scolastica. Qui ci trovo i tre italiani che mi fanno posto al loro tavolo e cominciamo a chiacchierare, poi con Giuseppe iniziano i primi sfottò (è un simpatico napoletano dal sorriso sornione è pronto alla battuta), e rompiamo subito il ghiaccio, ma è tempo di andare a fare dediche. Lo spazio del festival è all’interno di una vecchia struttura che poteva essere un enorme deposito, interamente e ristrutturato, e gli autori sono situati su un palco più alto ed in fila, poi la libreria e vari stand disposti centralmente o sul restante perimetro.
Fete de la BD di Audincourt, lo spazio del festival.
Io non ho nessuno, allora vado alla libreria a prendere libri per cominciare le dediche autonomamente, ormai so come fare, ma non faccio che cominciare la prima che arriva il primo lettore, e poi subito un altro, e via così, fino alla fine, anche se il ritmo della manifestazione è calmo e compassato, non so se a causa della pioggia o del tempo poco clemente.
A cena alla mensa della scuola con: Paolo Deplano, Laura Zuccheri e Giuseppe Manunta.
Alla fine della giornata ci facciamo portare all’albergo, giusto il tempo per riordinare la valigia e farci una doccia, poi di nuovo nel refettorio della scuola, per una cena a base degli stessi “antipasti” del giorno, oltre a del salame bollito e formaggio fuso, l’abbiamo già detto? Sì, l’abbiamo già detto delle cibarie francofone, per cui non insisteremo.
La cosa carina, è che dopo la cena tutti gli autori sono invitati in una sorta di “sala giochi”, una specie di refettorio dove ci sono ping-pong, freccette, calcio balilla, musica e biliardo ed ovviamente tutta la truppa si sposta lì.
Il quadrumvirato italiano decide una partitella a carambola all’americana, senza palle mezze e piene, ma gialle e rosse, ma sopratutto è il biliardo e le palle stesse che non sono all’altezza della situazione, il biliardo dubito sia a livello è le palle sono piccole e leggere, ma ci adattiamo. Io gioco con Laura, che non sa letteralmente tenere la stecca in mano, ed infatti finiamo per perdere, non di troppo, ma il divario è incolmabile, quando Laura ne mira una, prende l’altra palla. Ma ovviamente ci divertiamo lo stesso. Ci facciamo due nitrente, parliamo ed interagiamo con tutti, facciamo due parole con Julie Ricossé e Marie-Ange Rousseau , e ad una cert’ora c’è ne andiamo a letto, sotto una pioggia incessante che non ha smesso un minuto di cadere dal primo pomeriggio.
La sala giochi, ancora la delegazione italiana del festival e un momento topico della partita a biliardo, nonostante la posizione indichi una certa tecnica, il colpo comunque l’ho sbagliato… colpa del tavolo, ovviamente.
La mattina mi sveglio sempre sotto l’acqua, l’albergo è carino e dotato di ampi spazi, fa perfino male vedere un bagno così ampio e vuoto senza il bidé. A colazione incontro Giuseppe e iniziamo una conversazione su una collega con la quale sta lavorando e dallo scambio di opinioni ne nasce una discussione che ci tiene impegnati ben oltre l’orario preventivato, al punto che ci fa arrivare perfino con una mezz’oretta di ritardo al festival.
Inutile replicare sugli argomenti della nostra chiacchierata, dovessi riassumerla potrei dire che si scontravano un ottimismo tout-court con implicazioni di tipo entusiastico ma privo di giustificazioni, ed il mio senso forse troppo critico ma basato sull’oggettività della realtà i suoi dati, inutile dire che sarei ben incline al l’ottimismo e anzi, me l’auspico, ma non posso contagiarmene se la realtà non me ne offre gli argomenti.
Comunque è stato piacevole, e tutti siamo rimasti coinvolti nella chiacchierata.
Poi diretti al festival, dove abbiamo subito cominciato a fare dediche fino allora di pranzo, sul quale è inutile indugiare, era prevista un insalata di pasta fredda un po’ diversa dalle altre, ma per il resto, a parte la gentilezza delle signore che distribuiscono il rancio, c’è poco da segnalare.
La giornata si replica anche nel pomeriggio in modo identico al mattino, del resto quando si fanno dediche i minuti scorrono al tempo dei disegni, ed oggi il tempo dei disegni si arresta a alle 16,45, quando Regis ha fatto il giro degli autori che partono,più o meno allo stesso orario, per riunirli e portarli all’aeroporto, c’era chi andava a Bordeaux, chi a Nizza, e chi come me andava a nord verso Francoforte per scendere successivamente a Firenze.
Ovviamente sempre tutto sotto una pioggia battente.
Siamo in cinque e lo restiamo fino al check-in, ci conosciamo un po’ tutti, con uno abbiamo fatto un festival insieme ad Evian otto anni fa, se lo ricordava lui, io sinceramente no, poi ci salutiamo tutti diretti nelle rispettive destinazioni, al controllo bagagli c’è una fila lunghissima ma alla fine scorre anche piuttosto velocemente, in fondo da qualche parte il tempo devi pur perderlo.
Appena arrivo al Gate la gente è già in coda, ed io mi allineo, mi chiedono di mettere il bagaglio (che è a mano) in stiva ai piedi dell’aereo, spero non lo portino dentro sui nastri e lo lascino fuori all’arrivo, altrimenti ho paura che per questa stronzata potrei perdere anche la coincidenza visto che siamo partiti in ritardo ed ho poco tempo per la coincidenza, ma perché?
Sono ansioso? Può darsi, ma per il momento mi fermo qui, nell’attesa che alla ripresa di questo report io possa ragguagliare chi legge su come è andata la rincorsa per prendere l’aereo per Firenze, perché lo so che sarà una rincorsa, vedrete.
Per adesso sono qui, ho decollato da cinque minuti e sono le 19,45, ci vogliono 40 minuti per arrivare alla città sul Meno, ed ho l’imbarco alle 20,50 e la partenza prevista per le 21,20, con la paura che, vista la grandezza dell’aeroporto, il bagaglio venga scaricato non ai piedi dell’aereo. Adesso fate i conti e poi decidete se sono ansioso ed allora ci lavorerò sù, o sono una persona normale con l’attitudine al giramento di zebedei.
Gli astri erano dalla mia.
Anche perché di certo i bagagli non li hanno trasferiti alla distribuzione in aeroporto, visto che l’aereo è stato parcheggiato a due chilometri da dove ci hanno lasciati, effettivamente l’aeroporto di Francoforte e davvero grande, credo che gestisca un traffico imponente essendo un crocevia aereo di importanza strategica.
Il Terminal 1 e il Gate 06, erano davvero vicini, per cui sono arrivato comunque a boarding iniziato, e adesso sono seduto al mio sedile 24D (lo so che un brivido di appagamento vi scorre lungo la spina dorsale, all’enunciazione di simili dettagli, ed è per questo che io non li trascuro), finisco di terminare il mio report. Adesso è tutto un parlare in toscano, perfino l’equipaggio di Air Dolomiti, compagnia associata a Lufthansa, è italiano, lo steward è un grillo che zompetta a culo ritto, mentre la ragazza(?) ha l’aria di quelle convinte dí possederla solo lei e guarda tutti dall’alto in basso, ma si sente già aria di casa.
Ci stiamo già muovendo sulla pista di rollaggio verso il decollo, fa caldo africano ed abbiamo aperto le bocchette d’aria che sfiatano un po’ di fresco sul collo, mettendoci a rischio di dolore reumatico, ma corriamo il rischio, le luci sono spente e anche il report, se Dio vuole è quasi terminato, per fortuna questo tour infinito dovrebbe essere alla fine.
Stiamo tornando a casa.
…ehm, scusate, come in ogni thriller che si rispetti, il colpo di scena finale non poteva mancare in questa avventura durata una settimana, per cui a causa di un banco di nebbia che durante il volo si è posato sull’aeroporto di Firenze, e pare che non abbia intenzione di abbandonarlo, atterreremo a Pisa.
Ora, a me resta più comodo, ma il problema è che Alberto mi sta aspettando là.
Chi è lo sceneggiatore?