È sempre piuttosto interessante partire alla volta di un nuovo festival, perché le dinamiche sostanziali oramai le conosciamo ed hanno più o meno gli stessi meccanismi, quello che cambia è il panorama, la città e la speranza, almeno per me, è quella di incontrare aree di potenziali lettori sempre nuovi, che non ti conoscono e che hanno l’opportunità di scoprire il tuo lavoro.
In contemporanea si sta svolgendo anche BD e Beaujolais, a Villefranche, manifestazione alla quale ho già partecipato e dove ho già molti amici, ma Medina&C. che mi ha contattato a Blois, quest’anno li ha bruciati sul tempo.
A Firenze, sono tre giorni che splende un sole primaverile, il cielo terso fa da sfondo a panorami da cartolina, e la primavera sembra voler bruciare i tempi, per cui, partire con queste prerogative, mette inevitabilmente di buon umore, anche se le previsioni francesi, almeno dal meteo che ho consultato, prevedono pioggia.
Non capisco perché i francesi, sempre così in tendenza, sul clima debbano per forza ostinarsi a fare il contrario.
Il volo è Air France in direzione Parigi e poi cambio per Lione, oramai è una rotta che conosciamo bene e che ha, nonostante lo scalo, pochi momenti morti che, quando il volo fila liscio è una fortuna, ma quando s’inciampa in qualche ritardo promette ansia.
Il manifesto del Festival realizzato da Pierre Alary.
La prospettiva è quella di un weekend all’insegna del francese tout court, sono l’unico italiano e le speranze si parlare con questa lingua è solo con l’amico e collega Vincent Pompetti, un italo- belga che conosco da anni, per il resto sarà una full-immersion francofona, e comunque sarà un modo per perfezionarla ulteriormente. Vive la France! ( e credo sarà proprio il caso di incoraggiarli, vista la rintronata del 6a1 che si è preso il PSG con il Barcellona in Champions League).
L’aereo ritarda un po’, circa una ventina di minuti, il vantaggio è che non devo essere io ad aspettare l’autista che in effetti mi aspetta in mezzo ad un nugolo di persone con in mano un pannello con su scritto FestiBD, il suo nome è Thomas.
Ci attendono due ore di auto per autostrade, superstrade e strade semplici dell’immensa campagna francese, sotto un sole che mi accompagna dall’Italia a dispetto delle mendaci previsioni meteo, ne indovinassero una…
Parliamo, ne abbiamo di tempo: il mercato francese, le sue origini italiane (i suoi provengono dalla Sicilia che ahimè per lui, conosce poco), il PSG e un po’ di calcio, di lui e di me e poi, vuoi il caldo, vuoi il sole che non dà tregua, vuoi pure la giornata intensa del giovedì, comincio a caracollare e alterno sprazzi di (rara) lucidità, a sonnecchiamenti altalenanti.
Uno scorcio di Moulins e il palazzo dei Borboni.
Moulins al nostro arrivo, mi da l’impressione di una bella cittadina, non è così piccola come pensavo ed ha invece una bella estensione urbana (dicono ventimila abitanti circa), si percepiscono forme architettoniche di un certo rilievo storico e poi approdiamo di fronte al nostro Hotel de Paris, che sarà la struttura che ci ospiterà durante il soggiorno.
Pochi minuti per apprezzare la bellezza è la ricchezza degli arredi della camera dall’ampiezza di un monolocale, del resto il nostro hotel ha ben quattro stelle meritate che punteggiano il blasone all’esterno dell’ingresso, con tre belle e luminose finestre che danno su un interno tranquillo, un bagno dotato di vasca oltre che un ampia doccia, un letto sovrastato da una quantità di piumotti e cuscini che al momento di andare a letto m’impegneranno non poco nello smontaggio dell’intera struttura, ma che nell’insieme è proprio un gran bel vedere.
L’Hotel de Paris e la magnifica camera messami a disposizione.
Squilla il citofono, già mi aspetta l’auto per portarmi al vernissage dell’inaugurazione della manifestazione.
In questa nuova struttura abbastanza periferica di cui sinceramente mi sfugge l’utilizzo, viene celebrato il rito dell’inaugurazione, politici locali e regionali, sindaci nuovi ed ex, capi dell’associazione e vari personaggi a diverso titolo ringraziano, pontificano e, come al solito prolungano l’attesa dell’assalto all’arma bianca verso il buffet, posizionato più in alto del pavimento, in modo che tutti gli astanti vedano in bella mostra, campeggiare salatini, tartine ed ogni tipo di appetizers degni di questo nome, oltre una serie di bottiglie di vino declinate nei tre colori primari della categoria: nero, bianco e rosè.
L’attesa è spasmodica, si vedono le facce di chi, oltre che per obbligo e buona creanza è chiamato a partecipare all’avvenimento, ma di cui l’unico ed effettivo desiderio è quello di dare sfogo a quell’atavica fame che alberga nei peggiori reconditi anfratti del nostro stomaco e si palesa rabbiosamente in quei momenti in cui, per costume o per fortunata circostanza: il cibo è gratis.
Curiosa è un’anziana signora vestita in abiti piuttosto giovanili che per prima si è posizionata in un punto di strategica importanza per l’assalto finale ma che, al momento del “via”, con nonchalance e signorile noncuranza fa finta di niente, si guarda intorno attendendo che il volgare gesto lo compia prima qualcun altro e poi, sfruttando la posizione, si getta su tutto quel ben di Dio.
Alla fine della serata era ancora lì…
L’inaugurazione con le autorità locali, e il presidente della manifestazione di quest’anno: Pierre Alary.
Io mi sento piuttosto solo, stranamente non conosco nessuno e di quei colleghi di cui so la partecipazione, e che conosco personalmente, ancora non si vedono.
Mi unisco al balletto, visto che non c’è altro da fare.
Gironzolo, sbevacchio e mangiucchio qualcosa, in questi divertissements i francesi sono bravi, tartine, bicchierini e intruglietti gustosi fatti di salsine e salsette non sono secondi a nessuno, poi mi apparto in una zona bar adiacente, c’è più fresco e meno gente ed il rapporto cibo/famelici è perfino migliore, e mentre mi concentro a leggere notiziole su giornali e magazine locali riguardanti la manifestazione, osservo un tizio rotondetto e rubizzo che, circospetto, si avvicina.
Come un rapace in zona di caccia si guarda intorno, osserva, e poi allunga la mano e si infila in bocca qualsiasi tartina gli si pari di fronte, e devo dire ce ne sono parecchie allineate sui vassoi, infatti lui si ferma, continua a guardarsi intorno e, ferino, colpisce!
Poi, evidentemente, per mascherare il suo unico interesse, e cioè ingozzarmi alle spalle del festival e risparmiare sulla cena, decide di intavolare un discorso con me, giusto per sviare i sospetti sui suoi reali obiettivi e, purtroppo per lui, poco concentrato sulla domanda mentre invece la sua attenzione andava sulla scelta del bicchierino a base di tonno o la tartina con la salsa rosè, l’unica cosa che gli viene in mente di chiedermi, ovviamente in madrelingua è qualcosa tipo:” Ma ci si riesce a vivere di fumetti?”
Avrei voluto piangere.
Venire nella patria della BD, dove l’autore è quasi un guru dotato di poteri speciali, dove la categoria in ogni dove bistrattata gode di una stima e di una reputazione (temo ancora per poco) invidiabile, e sentirsi fare una domanda del genere mi sarei volentieri sciolto in lacrime.
Gli ho risposto, freddo e sistematico, tanto a lui di ciò che gli stavo dicendo non gli fregava assolutamente niente, il suo sguardo allupato si era già posato su una saporita tartare a base di pomodoro che dopo pochi secondi era già scomparsa nella sua bocca.
Le Grand Café.
La serata doveva concludersi al Gran Café, una bella struttura fine ‘800 ampiamente restaurata tutta stucchi e decori con enormi specchi alle pareti che ne amplificavano all’infinito l’ampiezza, qui ho visto arrivare Frederic Brremaud e poco dopo anche gli altri amici che conoscevo, Vincent Pompetti e Tarek, due autori che conosco da anni e che sapevo partecipanti alla manifestazione.
In loro compagnia oltre che a quella simpatica di Carine, l’organizzatrice che a Blois mi aveva chiesto la disponibilità alla partecipazione, abbiamo consumato una veloce cena e poi siamo rientrati all’albergo a piedi, passeggiando amabilmente per le vie della cittadina e vedendo in notturna la bellezza del Municipio illuminato, il duomo ed altre amene strutture.
Poi diretto a letto, una bella doccia in quello splendido bagno e poi a scrivere queste rapide note sull’IPad.
Domani siamo in pista.
La sale delle feste, luogo imprescindibile per ogni località francese, è all’interno di un nuovissimo complesso in via di esecuzione, prevede una mediateca ed altri edifici di utilità pubblica (che solo a vederne l’ampiezza e la consistenza, mi è venuto subito da pensare in Italia quanta gente ci avrebbe “mangiato sopra”, guarda come sono/siamo ridotti), i lavori non sono ancora terminati e ci sono ancora le transenne, speriamo che la manifestazione sia stata ben pubblicizzata perché immaginarla in un luogo che sembra non ancora finito potrebbe essere un problema.
Non lo è.
Infatti il sabato è di fuego.
La “sala delle feste” e lo spazio dediche, per ultimo l’unico disegno dedicato al “cattivo” Aren Wetten Von Kreuz, della serie “La lame et la croix”.
Non credevo, ma sin dall’apertura, si è creata una fila che non è mai diminuita per l’intera giornata, al punto che all’interruzione si sono dovuti distribuire i numerini per non perdere la precedenza acquisita.
Alla manifestazione partecipano colleghi che conosco da tempo, ed è un piacere ritrovare Pixel Venguer, un autore molto interessante ed innovativo che conobbi a Brignais quasi una decina di anni fa (ed il piacere ulteriore è quello di constatare che anche lui si ricordava piacevolmente dell’occasione), ma divido quasi tutto il mio tempo con l’amico Tarek, sceneggiatore ed artista poliforme di una simpatia esuberante e che adesso si dedica perfino all’Arte con la “A” maiuscola, proponendo i suoi dipinti di fattura etnico-metropolitana in gallerie, e il sodale Vincent Pompetti, un bravissimo disegnatore di origine abruzzese e che adoro per la semplicità, la modestia e la pacatezza, un amico con il quale adoro intrattenermi perché ha la splendida capacità di rilassarmi con la sua calma, e anche con Alexis Nolent in arte Matz, lo sceneggiatore molto conosciuto ed apprezzato, salito alla ribalta perché da una sua storia, qualche anno fa, venne estratto un film (Jimmy Bobo – Bullet to the Head) che venne prodotto da Hollywood ed interpretato da Sylvester Stallone.
Per il resto, il report della giornata di dediche è poco interessante, perché praticamente non ho alzato mai il culo dalla sedia. Amen.
Quello che c’è da dire invece è sull’Associazione VILTAIS (il quale motto è Vivere ed Agire), mi chiedevo cosa fosse e a cosa servisse l’edificio (nuovo e moderno) che oltre al vernissage dell’inaugurazione, ospita gli autori ed organizzatori per i pranzi, una struttura accogliente a metà tra un albergo ed un ostello. Si tratta di una struttura di accoglienza all’interno della quale si ospitano giovani, famiglie ed immigrati in difficoltà, li si supporta, gli si insegna la lingua e gli si aiuta ad integrarsi nelle realtà sociali e si fanno lavorare. Molti dei ragazzi ospitati sono i volontari delle manifestazione e Medina stessa, il mio contatto con il quale ho comunicato per la messa a punto della mia partecipazione, è arrivata all’età di sedici anni dalla Bosnia in guerra e, come molti altri ragazzi, adesso lavora all’interno dell’associazione.
Ecco, adesso potrei scegliere tra la filippica del confronto tra due paesi, tra due modi di concepire l’accoglienza e le finalità di uno stato e di amministrazioni moderne e calate sul territorio ma, ovviamente eviterò. Non che in Italia non esistano associazioni ce si occupino di accoglienza, ci mancherebbe, oltre al fatto che il problema massificato che noi abbiamo dello sbarco di immigranti, non è minimamente immaginabile a quello francese, ma vedere com’è possibile la gestione dell’inserimento di “persone in difficoltà” è comunque illuminante e socialmente possibile è, per certi versi confortante. Ad ognuno di voi le relative considerazioni .
La sede dell’Associazione Viltais.
Finiamo alle 18,00 per fortuna, il tempo per rilassarsi un po’ in albergo e poi dritti alla premiazione di autori selezionati per i premi della manifestazione, qui ci aspetta un altro discorso (di non so quale figura politica) ed un ulteriore vernissage prima della cena, accompagnato da una di quelle orchestrine francesi che si rifanno alla musica “dixieland” d’ispirazione blues, che in realtà non ci ha lasciato che alla fine della serata.
Serata che ha avuto il suo culmine nella cena, appunto, nella splendida cappella restaurata adiacente all’Hotel de Paris, una fantastica struttura adattata a ricevimento e cene di rappresentanza che oltre ad una serie di volte affrescate presenta delle magnifiche vetrate alle pareti, un luogo davvero cult che ha donato alla circostanza una ufficialità ed un segno di distinta originalità degno delle migliori occasioni.
Il tutto poi, guarnito da una cena in tipico stile francese, con portate davvero esclusive e che si facevano notare per un impiattamento (la nostra terminologia è migliorata con la visione di Masterchef) degni di una haute cuisine, senza contare che la qualità e la bontà dei piatti era davvero di prim’ordine.
Poi, inevitabilmente, a letto distrutti.
Il municipio illuminato, le volte della cappella all’interno della quale è stata servita la cena, la band in stile “Dixieland”e l’antipasto a base di pesce.
La domenica mattina è scorsa tranquilla, non c’è stata la ressa del giorno prima, pur facendo le nostre dediche, ma la giornata, almeno per me, dimezzata dalla necessità di partire subito dopo il pranzo in direzione di Lione, ha la valenza di un trasferimento (ancora con il fedele Thomas, oramai chauffeur ufficiale del sottoscritto), il bello della manifestazione è e resta alle mie spalle.
Saluto i miei amici e m’incammino verso la nuovissima Citroen Picasso che mi ospiterà per il tragitto, cullandomi nel mio reiterato dormiveglia pomeridiano, mi aspettano un paio di ore di macchina.
Che dire del festival, è stata una bella sorpresa, bella la cittadina ricca di storia e di bellezze architettoniche, molto efficiente l’organizzazione, l’accoglienza poi, veramente di primissimo ordine, l’Hotel de Paris lussuoso senza ostentazione offre un soggiorno davvero perfetto, spero sinceramente di poter tornare, perché la simpatia di Medina, Carine, Juliette &Co. merita di essere rinnovata.
Bellissimo e, per certi versi umiliante, il riscontro di una realtà utile, efficace ed estremamente necessaria come l’Associazione VILTAIS che, anche attraverso addirittura un magazine promuove e pubblicizza i suoi interventi sul territorio, una realtà a metà tra il pubblico ed il privato che meriterebbe essere copiata, solo se ne avessimo l’intelligenza, le capacità e la volontà per farlo.
Ecco, appunto, resterà solo un bell’esempio per noi, almeno al momento, irraggiungibile, ma almeno rimane anche la consapevolezza che da qualche parte esiste un altro modo di fare integrazione.