E tre…
Terzo impegno per il rush autunnale di festival, l’ultimo del 2016, e questa volta è come andare a casa di amici, tanto sono Michel Suro e Thierry Matrinet (quest’ultimo facente parte anche della confraternita della spedizione in terra cinese).
Bellegarde infatti è una dei primi festival ai quali ho partecipato, credo una decina di anni fa, dovrei controllare, di quella edizione ricordo Michel Rodrigue e Achdé (il continuatore di Luky Luke, l’erede di Morris), così come ricordo il Belle Epoque, un caratteristico hotel proprio di quel periodo dove eravamo alloggiati (e che, bruciando, ha cessato di offrire i propri servigi), ricordo il mio spaesamento e anche la bellissima accoglienza che gli organizzatori mi concessero, al punto che sarei ritornato molto volentieri svariate volte è sempre con grande entusiasmo.
Giusto per dare un ordine di grandezza all’intensità dei festival BD in terra francese, vi basterà sapere che, andando a controllare gli autori ospiti presenti sul sito Opale BD, scorrendo l’agenda non riuscivo a trovare Bellegarde, nonostante le date fossero quelle di pochi giorni dopo. Bene, questo fine settimana ci sono in contemporanea ben 24 festival, l’autunno infatti risulta essere uno dei periodi più congestionati per queste manifestazioni, e al tempo stesso vi dà l’ordine di grandezza e l’importanza che la BD abbia in Francia e l’interesse e gli sforzi fatti per promuoverla e commercializzarla.
A Bellegarde troverò anche colleghi con cui abbiamo già condiviso avventure del genere: Nora Moretti, Carita Lupatelli e Saverio Tenuta e il vecchio ed inseparabile Lele Vianello, compagno di molte altre battaglie, e la coppia Stéphanie Dunand-Pallanz e Sophie Turrel (che erano anche a Grenoble), Houot, Marin ed altri.
La novità è l’aereo, a Bellegarde sono sempre andato in auto ma oramai ho declinato le solitarie attraversate di Appennino-Padana-Alpi che spesso mi facevo da solo, una scorpacciata di sei/sette ore che sinceramente non ho più voglia di sorbirmi, almeno non da solo. Pigrizia? Stanchezza? Non so, fate voi, ma preferisco le soste forzate in aeroporto a smanettare sull’Ipad piuttosto che ore alla guida, seppur ascoltando buona musica.
Tempi che corrono, abitudini che cambiano.
Il manifesto del festival.
Siamo perciò a Firenze con destinazione Ginevra, per tornare sulla stessa rotta ma con passaggio a Zurigo, vai a sapere perché, giusto per farmi perdere tempo.
Non c’è niente da fare arrivo sempre prima io dei miei chaffeur, chiamo Michel che me
I avvisa che sta arrivando, infatti pochi minuti dopo li, dobbiamo anche aspettare il volo di Easyjet da Venezia, ha due ore e mezzo di ritardo e porta con se carichi preziosi, Nora Moretti ed Ivano, il suo ragazzo insieme a Lele Vianello.
Tutto scorre normale, ci incontriamo ed in macchina ci dirigiamo verso Bellegarde, un’oretta di macchina passando accanto al CERN, tra chiacchere tra autori.
Poi all’albergo, il solito, ci sistemiamo in camere poco dopo mi rivedo con Lele, fuori dall’albergo, seduti su una panchina a parlare delle solite cose.
L’albero ha un che di montanaro, nell’architettura, nelle rifiniture vintage, nel l’assetto e le boiserie. Ci portano al Centro Jean Vilar, luogo dove si svolgerà la mostra, già pronto di stand con tanto di nomi ed esposizione anche di alcune illustrazioni del viaggio in Cina (una sorpresa), dove ci attende la cittadinanza e i politici locali per la consueta inaugurazione, con tanto di presentazione degli ospiti, discorsi dei politici, applausi ritmati, tartine, champagne e dolcetti a buffet, come da tradizione.
Poi di nuovo in albergo dove ci verrà servita la cena, a base di pesce, pensate un po’, vengo dal mare e devo mangiare il pesce vicino a Ginevra, un paradosso, nel frattempo sono arrivati anche Saverio Tenuta e Carita Lupatelli, e anche la cena scorre che è una bellezza.
Dall’alto in basso: inaugurazione mostra con le autorità, gli auotri presenti e il buffet finale.
La mattina mi sveglio con un messaggio di un collega ed amico che mi avvisa della morte di Fidel Castro, non ho tempo, ma due righe voglio scriverle lo stesso, a Cuba sono legato indissolubilmente dalla tetralogia “Hasta la victoria!” che non solo mi ha dato molte soddisfazioni, ma che mi ha fatto conoscere ed apprezzare in Francia. Come al solito tendo a rimanere in un limbo poco attaccabile, non scrivo cose enfatiche e celebrative, ma un “amico” dell’est, non può fare a meno di dire la sua in modo pessimistico e dai risvolti astiosi, che ovviamente non contraddico e né commento, i comunisti russi gli hanno ucciso la nonna e che vuoi dirgli?
Poi partenza per il centro Jean Vilar, sala delle festa della cittadina adibita alla manifestazione, e sono anche in ritardo.
Inizio dediche.
Già avevo un precedente impegno con un giornalista del “Dauphine Libère” il quotidiano della regione, al quale avevo già inviato un disegno per tempo, quando all’improvviso mi avvisano che c’è una troupe di France 3 che è arrivata proprio per fare un servizio su di me: quando si dice “stare sul pezzo”.
Espletata la prevista intervista con il giornalista del quotidiano, tra una dedica e l’altra è, per farmi sforzare meno e sbrigarsi più velocemente, con l’aiuto di Michel che traduceva le mie risposte, c’è la siamo cavata facilmente.
Ma poco dopo sono arrivati quelli di France 3, cameraman e giornalista e, dopo avermi microfono to (termine orrendo ma largamente in uso per la bisogna), mi si sono piazzati prima intorno riprendendomi da tutte le posizioni registrando le cose che dicevo a chi si faceva fare le dediche e dopo anche facendomi loro delle domande dirette, per terminare all’esterno, con una vera e propria messa in scena, passeggiata, inforco occhiali da bel tenebroso, insomma tutto il materiale necessario per comporre un servizio decente, oltre che a farmi arrivare tardissimo a pranzo.
Per chi non ha mai avuto modo di partecipare a caroselli del genere, informo che la quantità di girato, di domande, risposte, posizioni, riprese e varie amenità è inversamente proporzionale a ciò che verrà utilizzato, della serie che per chi non sa il funzionamento di queste cose, potrebbe sembrare che gli dedicassero un intero documentario del National Geographic, e invece non è così, se il tutto serve per un servizio di tre minuti, ti è andata pure bene.
Durante dediche e riprese televisive, mentre declamo la mia esperienza cubana, guardate l’enfasi del gesto… sono uno che ci crede.
La domanda invece è un’altra: ed è quella di conoscere i meccanismi per i quali, in così breve tempo, hanno messo insieme morte di Castro-serie “Hasta la Victoria!”(la mia)-Stefano Casini-italiano ma in quel preciso istante a Bellegarde-festival BD ed arrivare a metà mattinata, tenendo conto che la notizia della morte non gli sarà arrivata direttamente.
È vero, è il loro lavoro, però sarà che sono italiano, sarà che do per scontato che ad un giornalista italiano non sarebbe mai venuto in mente di pensare ad un servizio su un autore che ha fatto una serie sulla “rivoluzione cubana”… e per giunta a fumetti, insomma, tutte queste implicazioni mi hanno lasciato a bocca aperta.
Ora, magari sono facilmente impressionabile io e non ho fiducia nel mio paese, ma fate un piccolo esame di coscienza e mettetevi nei miei panni, e pensateci sù… Fatto?
Ecco, appunto, lo vedete? è come dicevo io.
È probabile che la BD (e quindi implicitamente anche la mia), ricopra in territorio francese un’importanza tale da essere considerata un elemento di rilievo per la costruzione di qualsiasi riferimento culturale e di attualità possibile, cioè è praticamente impossibile capire, per un italiano, quali possono essere queste implicazioni logiche.
Comunque, se la vogliamo vendere da un punto strettamente egoistico ed egocentricamente personale, la scomparsa del Lider Maximo mi ha raggiunto proprio quando forse era il momento, perdonatemi, “migliore” per raccattare un po’ di pubblicità.
Non potendoci fare niente, non mi resta che constatare.
Pranzo da ultimo arrivato, quando gli altri erano già al dolce, e capito accanto a Nikita Mandrika, storico fondatore della famosa rivista satirica e imprescindibile in un certo momento storico, “L’echo des savanes”. È un anziano anarchico assolutamente disincantato sulle sorti del mondo e in special modo su quello del fumetto, in parte mi ci riconosco pure. Il suo francese è ben scandito e non faccio fatica a seguirlo nei suoi argomenti che rasentano il filosofico, e interagiamo per una buona mezz’ora, e se guardo al tempo passato, non credo che abbia mai avuto compagnia così coinvolgente, sempre un po’ messo da parte ed isolato, personaggio che ahimè, anche le giovani generazioni francesi non credo lo ricordino molto, ma è stato piacevole ed i sorrisi che mi ha dispensato per tutta la chiacchierata, sono stati esplicativi.
Il pomeriggio come di consueto a fare dediche, devo dire, con molta attenzione alla mia tetralogia cubana che, vuoi per l’occasione, che per il suo essere al tempo attuale è fuori dalle mode, a distanza di oltre dieci anni dall’uscita, come dicono a Roma “gliel’ammolla!”.
Salvo terminare per ultimi verso le otto, quando la brigata era già all’albergo, e la chiusura era per le sette. Ma va bene così, come amo dire, siamo qui per questo.
Stanchi e senza una pausa lasciamo la nostra roba in camera e ci dirigiamo al bar, il corposo aperitivo che con champagnini e tartine prepara il campo per la cena, cominciamo a rodare le nostre fauci.
L'”Italian team” sì alloca da una parte in stretta formazione compatta, non per non disdegnare la compagnia francese, ma perché è sempre così, anche gli organizzatori agevolano spesso disposizioni del genere, sapendo di aiutare a mettere al loro agio gli ospiti. Unico infiltrato, il messicano Tony Sandoval, messicano cittadino del mondo che può stare tranquillamente in qualsiasi gruppo, visto che vive in Svizzera ma lavora in Francia e spesso è in Italia con cui condividiamo le Edizioni Tunuè.
Poi la danza comincia, e non vi dirò il menù.
La conclusione è sempre la stessa, a Bellegarde ci sono sempre premi per ogni ospite, generalmente statuine a tema BD, ognuno aspetta il suo turno, io no, quest’anno sono il primo, scambia poche parole, saluta gentilmente gli organizzatori o a volte ritira solo il premio sotto gli applausi e scroscianti della sala, sempre gremita al massimo della capienza, e devo dire è sempre un piacere venire alla corte di Michel, Andrè e Thierry.
La domenica è arrivata, come sempre svegliandoci con un grigiore che da queste parti è la regola ma che, come il giorno prima, si trasforma inaspettatamente in una bella giornata soleggiata che, come tradizione vuole, non sempre é benedetta dagli organizzatori, visto che il bel tempo agevola spesso gite fuori porta facendo disdegnare luoghi al chiuso. Ma almeno da quello che vedo mi pare l’affluenza sia notevole, il giorno prima mi dicono che ci sono stati intorno a 1200/1300 visitatori, non pochi per una piccola manifestazione che schiera poco più di una ventina di autori.
L’avevo già visto sull’Ipad in camera, perché gentilmente Thierry Martinet (amico, disegnatore e a suo tempo anche sindaco della cittadina) infatti mi aveva postato su Facebook la foto dell’articolo che il “Dauphine Libère” mi ha dedicato nell’edizione domenicale, mezza pagina con foto del mio disegno ed intervista annessa.
Decisamente questo weekend è stato uno dei miei massimi punti da celebrities, chissà quando ricapiterà ma, per oggi, godiamoci ‘sto momento di gloria.
L’articolo apparso sul Dauphine Libère la domenica mattina.
Io devo partire con l’aereo da Ginevra per Zurigo alle 14,45, per cui preferisco farmi portare un’assiette (scoprite da soli che cos’è, sono perfido) e mangiarla alla manifestazione, piuttosto che mangiare velocemente obbligando la cucina del ristorante a forzature che generalmente ingolfano soltanto l’ospite, saluto gli amici e mi appresto alla partenza.
Sarà il simpatico Jean, lo stesso chaffeur dell’andata che mi accompagnerà, è carino e gentile ed ha un francese scandito e preciso che non è difficile da seguire, staranno almeno una quarantina di minuti di chiacchiera, ma sarò solo io a parlare, mi chiede di “Hasta la Victoria!” evidentemente è incuriosito dagli sviluppi del fine settimana e mi ascolta interagendo con me con molto interesse. Lo lascio all’aeroporto di Ginevra convinto di essermi conquistato un nuovo lettore ed avere in saccoccia almeno i profitti di altri quattro albi, è proprio vero che Nero Maccanti non tradisce mai.
Adesso scrivo nel sedile centrale di un volo Edelweiss in direzione Zurigo, dove dovrò cambiare per Firenze, il pomeriggio sarà di viaggio, e non potrò risparmiarmi neanche il treno, questo tour de forces e di tre festival in linea è terminato e come sempre, nonostante la fatica, le interruzioni sul lavoro e i casini vari, non mi pento mai delle scelte fatte e degli inviti accettati, delle persone incontrate e delle nuove opportunità che si trovano, e i nuovi amici e lettori che ci conquistiamo ogni volta. Il nostro lavoro è così e ci piace anche per questo.
Che volete che vi dica?
È dura la vita del fumettaro, ma lavorare, è un’altra cosa.