APPUNTI DI VIAGGIO SPAGNOLI

Verrebbe da dire “ripartenza”, ma a me sembra che ci sia poco da ripartire, é semplicemente finita l’estate e, con lei, si riaffacciano impegni che per mille motivi si erano fermati impigriti dall’indolenza stagionale.
Stamani direi che non sono partito bene, infatti ho perso il treno.
Ridicolo, vero?
Fatto sta che per un pessimo calcolo degli ultimi minuti mi sono ritrovato di corsa per raggiungere i binari, ma le porte del treno mi si sono chiuse davanti al naso comunque, e così Maura, rinunciando ad un suo impegno, mi ha dovuto accompagnare alla prima stazione utile e raggiungibile in tempo: Empoli.
Se il buongiorno si vede dal mattino…

 

GIORNO UNO

Tra l’altro il mattino non é neanche un gran che, visto che dopo giorni di sole e di caldo anche un po’ fuori stagione, la giornata si presenta nuvolosa e piovigginosa. Il bello é che parto per la 28 Jornadas Internacionales de Còmic Villa de Aviles, nelle Asturie, in Spagna e, nel mio personale e banale immaginario, mi ero visto al caldo e al sole della penisola Iberica, quando invece probabilmente troverò grigio e piovoso.
Il grigio non si sposa bene con l’immagine che ho della Spagna, una nazione dai colori caldi e dal cielo terso, e mi da sempre fastidio dover riformulare certe immagini, quando queste si sono adattate così bene al mio album fotografico mentale.

La grande locandina posta in mezzo alla piazza centrale del paese, con programma e poster della manifestazione.

Alla stazione di Empoli mentre aspetto il treno in ritardo (ironia della sorte, il ritardo l’ha fatto qui), mi chiama Franco Spiritelli, il fondatore di Fumo di China, per chiedermi un paio di tavole per un regalo a degli amici, e poi facciamo due amene chiacchiere tra uno sferragliare di un treno e un annuncio all’altoparlante. Mi fa piacere parlare con uno che ci crede ancora, Franco è un puro, e un appassionato vero di fumetti, e niente e nessuno può scalfire la sua fiducia, la sua passione e il suo credo verso il medium che ha sempre amato, per questo ha fondato una rivista e non lo ha mai trascurato abbandonandolo in un angolo. Con lui non c’è gara, limito il mio pessimismo universale e lo lascio là dove gli piace stare, non è giusto turbarlo ed evito le mie filippiche anzi, vorrei evitarle anche nel mio prossimo futuro, mi sono rotto!
Alla stazione di Firenze prendo la metropolitana leggera, ho tempo e voglio constatare oggettivamente le tempistiche per arrivare all’aeroporto e, effettivamente, in venti minuti ci siamo. È davvero comoda. Durante il tragitto mi sono messo a pensare da quante polemiche e da quanti mugugni è stata accompagnata la sua realizzazione, e già da oggi (a parte il lamento dei tassisti, legittimo perché va a toccare i loro interessi), mi immagino cosa penseranno quelli che, tra qualche anno, godranno unicamente dei suoi benefici, senza avere tenuto conto dei disagi, e la cosa più frequenta sarà pensare “come facevano i fiorentini prima di averla”.
Ad Aviles non so bene che cosa mi aspetti, mi hanno comunicato che si dedicheranno anche i propri fumetti (ed ho portato il necessario per farlo), ma il modo con cui hanno sottolineato si “incontrano” i lettori, mi ha trasmesso un’idea di condivisione che potrebbe essere qualcosa di diverso. Per cui sono positivamente curioso. Del resto questo è il mio mondo, si può dire qualsiasi cosa, ma sono oltre trent’anni che sono qui, scarabocchio e realizzo storie, per cui qualcosa da dire ce l’ho, il fatto è che non attraverso propriamente un momento positivo a livello umorale perciò è sulle prospettive e lo stato di fatto del medium che, come si dice prima di un’interrogazione a scuola, non mi sento tanto preparato.
Ma cercheremo di fare del nostro meglio, come sempre.
Daniel Diéz, il direttore della Cartem, la mia casa editrice spagnola, ci sarà, e spero sia una buona occasione per parlare del futuro.
La direttrice é quella Firenze-Barcellona-Oviedo, la destinazione è nelle Asturie, la parte nord della Spagna, non ci sono mai andato e sono curioso di conoscerla.
Arriverò in tarda serata, ma se non ricordo male il festival è iniziato ieri e, anche per la sua lunghezza, ha qualcosa di anormale, se confrontato con il consueto dittico sabato-domenica di quelli francesi o italiani.
Ok, abbiamo tempo, diciamo due cose di questa estate: é stata diversa dalle altre? No.
A me sembra che oramai si perpetra sempre con le stesse modalità, le differenze non stanno tanto nelle occupazioni  “estive” che facciamo, quelle, nelle loro prevedibili variazioni, più o meno si equivalgono, le differenze stanno in come stiamo noi, come ci sentiamo, e che obbiettivi primari ci siamo posti. Poi, a ognuno di noi stabilire quali sono i “nostri” obbiettivi primari, quelli che danno un senso a come viviamo e come ci fanno sentire, magari sono semplicemente anche andare a cena con gli amici e vedere uno spettacolo estivo e, se sono questi, è probabile che avete trascorso una buona estate.
Io, ma vorrei sorvolare l’argomento, ho soltanto centrato obbiettivi secondari, anche perché di primari, almeno quest’anno, non ne avevo, non me ne ero prefissati perché da tempo sto navigando a vista, per cui mi sento in quello stato nel quale sei esattamente identico a come ci sei entrato, in questa stagione.
In realtà ho un progetto finito che attende una mia revisione, quella finale, per poi navigare verso i mari dell’indeterminatezza, da solo e con le sue forze, per vedere dove arriva. Premetto, questo progetto non è una cosa trascurabile, ci ho dedicato tempo, risorse intellettuali e fatica, e mi ha ripagato con la soddisfazione di rivelarmi una parte di me rimasta nascosta da tempo, quando forse si nascondeva più per timidezza e oscurata da una caratteristica invadente.
Ho tenuto tutto fermo perché dovevo terminare un Nathan Never che è nel mio cassetto da almeno un paio d’anni e che, con fatica, dovevo terminare. Mi sono lasciato così il tempo per portarlo alla sua conclusione, e ce la sto facendo pur avendogli sacrificato l’intera estate. Una volta, le tavole che mi erano rimaste da completare le avrei fatto in poco più di un mese, ma oggi i tempi sono diventati biblici e vi evito la spiegazione dei motivi.
Il desiderio vero però, é quello di occuparmi dell’altro.
Arriviamo in tempo, e a Barcellona c’è il sole, ah, la Catalogna! evidentemente non tradisce, il mio immaginario al momento é salvo.
Mi accorgo che non ho molto tempo tra un volo e l’altro, e mi rendo conto di non avere calcolato il breve intermezzo di tempo, meglio! Ottima tattica, inconsapevole ma giusta.
Non avere controllato l’arrivo a Barcellona e la relativa partenza da qui, mi ha concesso una tranquillità che non avrei avuto, arrivando alle 15,10 ed avendo l’imbarco alle 15,40 con partenza alle 16,20.
Ma anche il cambio di Gate all’ultimo momento, non è riuscito a mutare il mio umore, oramai testato al massimo livello con il problema avuto la mattina.
All’aeroporto Asturias (equidistante sia da Aviles che Oviedo e Gijon) trovo come da accordi un tassista che mi preleva e mi porta all’Hotel 40 Nudos La Serrana, che scopro essere in centro. Fin dall’atterraggio attraverso i finestrini dell’aereo e per tutto il tragitto da Oviedo ad Aviles, mi rendo conto che i colori del mio immaginario devono necessariamente cambiare: i toni di giallo e arancio vanno cambiati con i verdi e gli azzurri, che sono i predominanti nelle campagne asturiane.
Prendo velocemente possesso della camera dopo che uno degli organizzatori mi consegna una cartellina con gli orari e i programmi dell’intera manifestazione. Poi scendo per fare un giro del centro della cittadina che, a indagine sopravvenuta, in effetti consta di circa 80.000 abitanti, non é propriamente un piccolo centro, anzi. L’architettura ricalca gli stilemi della Grande Spagna, vicoli antichi con porticati, palazzi con decori e con pietre a vista, un meraviglioso parco posto al centro della cittadina, insomma, davvero una bella città.

Quattro passi alla scoperta della cittadina di Aviles.

Poi, da un baretto mi sento chiamare per nome, e mi si avvicina un uomo vestito di nero come la maggior parte di quelli che stazionano fuori dal locale, è un lettore e appassionato di fumetti che, insieme ad altri ha già fermato William Simpson (il primo collega straniero che incontro) e gli stanno facendo firmare degli albi. Ma è anche un grande lettore di Nathan Never di cui ha l’intera collezione spagnola edita da Aleta Ediciones, una collana pubblicata qualche anno fa.  Il tizio, dall’aria cordiale mi chiede di firmargli tutti gli albi realizzati da me, e l’accontento.
La cena è in un locale vicino El Nogale, non siamo ancora tutti, c’é David Rubin, William Simpson, Jill Thompson, Mique Beltran e l’amico Alexis Nolent, in arte Matz, e altri autori spagnoli. Il menù è piuttosto basico ed io decido per una minestra di fagioli e, per pudore, decido di fermarmi, anche se ho una fame da lupo. Poi andiamo tutti in un locale poco distante  per una birretta, ma giusto per farmene offrire una, perché siamo già ben oltre la mezzanotte e decido di andare dritto a letto.
Domani, come da programma, é la mia giornata.

 

GIORNO DUE

Mi sveglio neanche troppo tardi, tenuto conto che qui la sera si mangia tardissimo e ci si prende anche del tempo per un cicchetto finale.
Ma la mattina nasce di buon auspicio, con una luminosità migliore delle previsioni e una colazione che non è a buffet come d’abitudine, ma su ordinazione al cameriere, ma va bene così.
Ho la conferenza stampa alle 11,30 ma mi prendo il tempo per gironzolare in centro,  i concedo la mostra di tavole western (messe a disposizione da Jaume Vaquer, uno dei maggiori collezionisti spagnoli), con autori poco comuni nel panorama di genere, come Dave Johnson, Gil Kane o Joe Romita, e vecchie conoscenze come: José Luis Solinas, Victor de la Fuente e fratello, Hugo Pratt e Arturo del Castillo.
Poi, riesco anche a fare un giro nello splendido parco all’interno della città, donato da re Juan Carlos e Regina qualche decennio fa, e che contempla quantità, quantità e una diversità di specie di piante incredibili, ed è tenuto come un salotto.

Il bellissimo parco nel centro citta donato dal re Juan Carlos e la regina.

All’orario prestabilito mi faccio trovare all’albergo, dove si tengono le conferenze stampa, con tanto di tv giornalista ed interprete (l’incredibile Diego Garcia), prima di me ci sono Humberto Ramos e Gabriel Hernandez Walta, ma io sono con una leggenda locale: Miqui Beltran, un veterano del fumetto spagnolo, in poco meno di 45 minuti c’è la caviamo.

L’incontro con il pubblico al Centro Culturale con Angel de la Calle e Diego Garcia, e la sessione di dediche successiva.

Uscito, mi ritrovo Francisco, un commerciale di Cartem che fa uscire da una scatola una serie di volumi che devo dedicare per lettori affezionati e, così, inizia a finisce la mia mattinata di dediche, praticamente fino all’ora di pranzo.
A Francisco si sono uniti successivamente Diego e Pedro Iribarnegaray, i due partner titolari della casa editrice, e tutti insieme andiamo ad una sidreria Casa Lina molto conosciuta in città e, mi dicono, di livello.
Il locale è spartano ma molto caratteristico, e la cosa che mi colpisce è che il pavimento è coperto di una leggera ombra di segatura poi, mentre attendiamo che si liberi un tavolo, percepisco dei leggeri schizzi al mio braccio sinistro, ma non gli do peso. Poi la cosa succede di nuovo e, prestando maggiore attenzione, vedo il cameriere che sopra un’apposito contenitore cilindrico in mezzo alla stanza, versa nel bicchiere il sidro.

Il gruppo di Cartem, Daniel, Francisco, Pedro ed io.

L’entrata de la Sidreria Casa Lina e sopra con Pedro.

L’operazione non è usuale però, perché per farlo alza la mano con la bottiglia sopra la testa quasi stendendo il braccio e, senza guardare il getto del liquido dove va a finire, posiziona il bicchiere quasi stendendo l’altro braccio (che tiene invece il bicchiere) in basso. La “caduta” del liquido dicono che si favorisca l’effervescenza della bevanda, e il sapore cambia se versato invece in modo tradizionale. Tenete presente che il sidro di mela qui, è una bevanda molto usata, sta riscuotendo un enorme successo, e non è così innocua come si crede, visto che ha la stessa gradazione alcolica di una birra.
La comida è a base di pesce come antipasto e scaloppe di vitella, oltre che  una salsiccia chiamata la Longaniza, un prodotto tipico del luogo come secondo, servite con patate fritta e il Cabrales un formaggio fuso che assomiglia molto al nostro gorgonzola, ma non finisco il piatto vista la quantità portata.
Finiamo oltre le 16,30, e decidiamo di rientrare un po’ in camera per riposarsi un po’ mentre, fuori dall’albergo, teniamo a freno i lettori che sono già lì a pretendere disegni.
Per le 18,30 andiamo nella sala conferenze del Centro Culturale della città, dove con Angel de la Calle e Diego, il traduttore, per 45 minuti subisco il fuoco delle domande di un Angel molto preparato e, dove con molta soddisfazione, annuncio l’uscita per l’anno prossimo di “Hasta la Victoria!”. Facciamo in tempo a fare un breve e veloce carrellata sulla mia carriera con la promessa che l’anno prossimo parleremo più approfonditamente della storia cubana.
Fuori mi attendono nuovamente i lettori (che sono uguali da tutte le parti) che, prima al centro culturale, e poi ad un bar vicino, ricopro di disegni fino a che l’ultimo appassionato non è accontentato. Andiamo a cena e con Josè Manuel e Alexis Nolent ce ne stiamo in disparte anche se il tono della voce degli spagnoli è altissimo e, per capirci tra noi, bisogna avvicinarsi all’interlocutore.

Con l’amico Matz. Da tenere presente che il signore qui presente, giusto per la cronaca, era reduce dalla presentazione alla Mostra del Cinema di Venezia del film  tratto dal suo più grande successo: “Le tuer” (edito da Casterman) ovvero “Il killer”, che ha come protagonista Michael Fassbender e la regia di David Fincher.

Poi, come la sera precedente, c’è ne andiamo al pub a farci un whisky, ma fuori dal locale con Josè e Angel ci mettiamo a parlare di Cuba, del potenziale dei lettori sudamericani per Hasta la Victoria! e la conversazione si fa interessante e costruttiva.
Poi un bicchierino con Alexis sulla terrazza del pub, e poi a letto.
Sono le 2,46 e spengo la luce.
Buonanotte!

 

GIORNO TRE

Mi sveglio molto presto riposato, ma sono solo le 6,28 e mi sdraio di nuovo sul letto sicuro di non riaddormentarmi, mi sembra di fare perfino fatica, fino a quando non decido di guardare di nuovo l’ora, e mi accorgo che inaspettatamente sono le 9,30. Ora ci siamo.
Tutto come da programma poi, dopo la colazione e le abluzioni mattutine, ci soffermiamo ai tavoli fuori dall’albergo, è una specie di punto di smistamento, si parla tra gli autori, io ad esempio col mio editore spagnolo, ma anche i fans sono lì, in attesa di ghermirti per richiederti un disegno o una dedica.
Il mercato spagnolo non ha una tradizione di dedica perché, più vicino a quello italiano, non ha una produzione di cartonati così ampi da giustificarlo né con spazi per giustificarle, la maggioranza dei titoli sono in brossura e in piccolo formato, e quindi, non c’è né spazio né abitudine a fare dediche. A me hanno fatto fare molte firme sulle edizioni di Nathan Never della Aleta, ma poi mi hanno presentano il conto su un foglio bianco su cui fare un disegno.
Infatti appena Daniel si alza per andare a fare una conferenza su altri suoi autori spagnoli presenti, e un fan mi propone di fare un disegno, la danza ricomincia.

Dediche ai tavolini di fronte all’albergo.

Mi fermano gli organizzatori un paio d’ore dopo, perché oggi c’è l’incontro con la alcades, la sindaca nel palazzo del governo, nella piazza adiacente all’hotel.
L’incontro è piuttosto breve, l’amministratrice della città è concisa e puntuale, non si parla addosso ed è pragmatica, e quando usciamo, ci mettiamo in posizione tutti sulla rampa di scale del palazzo dove facciamo una foto di gruppo, poi tutti in albergo di nuovo per il pranzo.

Vediamo un po’ se ricordiamo tutti, in primo piano lo sceneggiatore Carlos Portela, sopra di lui con la bambina in braccio Miki Montllò, dietro Leandro Fernandez con accanto Miqui Beltran e dietro a lui Jill Thompson: dietro di me Brent Anderson e leggermente sulla mia sx Amazing Ameziane e dietro di lui Matz.

Al tavolo abbiamo lo stesso trio della sera precedente, Alexis, José ed io, e accanto a me mi ritrovo Jaume Vaquer, il collezionista che ha prestato le tavole per la mostra sul western.
Dopo il pranzo io e Alexis decidiamo di fare un giro, lui ha la macchina e possiamo stabilire autonomamente dove andare, in un primo momento verso Gijon ma, all’ultimo decidiamo diversamente, visto che c’è un po’ di sole, scegliamo di andare al mare, e dopo neanche un quarto d’ora siamo a Salinas, una località balneare sulla costa. Questa ha una lunga passeggiata che raccorda i due promontori che racchiudono la baia nella quale si pone il paese, ha delle falaises che sormontano le case che ricordano la costa nord orientale della Francia e un lungomare che a me rammenta invece quello di St. Malo, con alcune villette che si affacciano sulla promenade, ma che poi abdicano a dei grandi casermoni sula parte est che la sviliscono.

Bagnanti sulle spiagge di Salinas, mentre si vede la marea che, mentre sta salendo e bagna la spiaggia.

Alexis mi propone costume e bagno e, anche se inaspettatamente, accetto, figurarsi, a me fare una proposta balneare è come invitare una lepre a correre. Mi cambio in un bagno pubblico stando attento a dove metto i piedi e poi scendiamo in spiaggia.
Non so se siamo a fine stagione ma ci sono davvero poche persone, anche da noi le presenze sono diminuite, ma ancora qualche turista si vede, qui molti meno, e in più non esiste uno stabilimento balneare: -Ecco qua.- mi dico –Come volevasi dimostrare, qui il litorale non è fatto di un bagno dietro all’altro come in Italia. Ma si può accedere gratuitamente praticamente a tutta l’intera spiaggia.-
Mai fare congetture troppo frettolose, però.
Ad ogni modo ci spogliamo, ci gettiamo in mare e, nonostante la temperatura dell’acqua un po’ più fredda, facciamo il bagno. È un litorale di spiaggia che scende gradatamente, quasi come nelle spiagge romagnole, non c’è vento ed il mare è calmo, e qualche sup sta pagaiando beatamente davanti a noi.
Ogni tanto arriva un onda e, come d’abitudine, guardo a largo per vedere quale motoscafo le ha alzate ma, il fatto che non ce ne siano nei paraggi, al momento non smuove nessuna riflessione. Continuiamo a fare il bagno poi, ragionando sul mare con Alexis mi viene una illuminazione, ma certo, quelle non sono semplici onde, ma è la mare che si sta alzando seguendo il flusso delle maree. Usciamo dall’acqua e ci mettiamo ad asciugare all’aria (il sole nel frattempo se n’è andato), e ci mettiamo ad osservare la risacca. Il mare guadagna centimetri velocemente, sale inesorabilmente poco dopo dobbiamo spostare i nostri vestiti una decina di metri dopo (lo faremo ancora una volta), é impressionante vedere come a poco a poco il mare sommerge tutto. Adesso capiamo quei bagnanti che erano distanti dall’acqua decine di metri, sapevano che la marea li avrebbe dovuto fare arretrare e capiamo anche perché non ci sono stabilimenti balneari. Non ci possono essere strutture fisse in un posto dove il mare va avanti e indietro a suo piacimento. È comunque una scoperta bella e affascinate che ci coinvolge.
Mentre il cielo si scurisce, ci cambiamo e ci facciamo una bevuta ad un locale sulla passeggiata, poi decidiamo di rientrare proprio mentre, salendo in auto, comincia a schizzettare.
Torniamo ad Aviles in albergo, una bella doccia ristoratrice e siamo già pronti per la cena.
Scendo nella hall dell’Hotel, che è un tutt’uno con il bar, con cui divide sedute e tavolini fino all’esterno, qui stazionano i fan con cartelle, zaini e trolley pieni di album e libri per le dediche, e come ti siedi ti assalgono come fossi una diligenza. Io prudentemente, non mi sono portato niente per disegnare e mi traccheggio seduto su una poltrona col cellulare.
Poi decido di fare due passi in centro, sta cadendo una pioggia appena percettibile che smetto poco dopo, perdo tempo e ritorno all’hotel per avvicinarmi più possibile alle 21,30, orario che credo del rendez-vous, ma in realtà ci muoviamo per la cena alle 22,00, ma il ristorante è ancora El Nogale, lo stesso della prima sera, è dietro all’angolo e fortunatamente il tragitto è breve.
Siamo nell’angolo americano, con Alexis, Angel, William Simpson, Jill Thomson, Brent Anderson, Jordan Thomas e Amazing Ameziane che, come Alexis è francese, parliamo un po’ ma poi finisco per conversare con Ameziane che mi rimane di fronte, già il rumore è altissimo, il mio inglese è povero e il frastuono alto, alla fine si capisce poco e ognuno parla con il più vicino.

Da sinistra a destra: io, Matz, Jordan Thomas, Brent Anderson, Jill Thpmson, William Simpson e Amazing Ameziane.

Finiamo di cenare a mezzanotte, che è la normalità, e poi stasera torno in albergo, a fare le ore piccole e bere ancora alcool stasera non ne ho voglia.

 

GIORNO QUATTRO

Mattinata che si sta aprendo e, contro ogni previsione, va verso il bello.
Esco con l’intenzione di andare a vedere il Centro Niemayer, una costruzione progettata dal famoso architetto brasiliano che si trova sull’altra sponda del fiume, spazi e proporzioni ampie, come se le forme pure dell’architettura si fondessero nello spazio dominandolo. Molto bello.

Il Centro Niemeyer.

Ricevo un messaggio di Alexis, che mi chiede cosa facciamo durante il giorno, e decidiamo di andare insieme a Gijòn, la seconda città delle Asturie. Lui è venuto in auto ed è comodo viaggiare per strade tranquille e senza troppe auto, è sabato e il traffico commerciale non c’è, e la città si trova a soli 22 km. e il tragitto è breve.
Prima di partire però, ci prendiamo il tempo di vedere la mostra sulla Nueva Escuela Valeciana, una corrente di autori di fumetto che, a metà degli anni ‘80, fecero scuola e portarono alla fondazione delle riviste come Cairo o El Vibora. La mostra, distribuita su tre piani è molto esaustiva e mostra innumerevoli originali di autori come Mique Beltran, Daniel Torres, Mariscal e Calatayud.

La mostra sulla Nueva Escuela Valenciana.

La riflessione che mi viene da fare però è, ancora una volta, riscontrare come in anni passati, il fermento di novità e ricerca di nuove formule narrative ed espressive, fossero il sintomo del desiderio di inseguire nuove vie. Questi desideri credo fossero molto più facili da perseguire, perché le riviste permettevano di sperimentare segni e storie in spazi meno impegnativi, con racconti più corti che permettevano maggiore libertà e minori tempi di realizzazione. Oggi, gli autori sono tutti concentrati sul personaggio e graphic-novel che necessitano di spazi maggiori, molte più pagine e, la sperimentazione, è inibita dalla mancanza di spazi alternativi. Poi ci dirigiamo verso la città.
Gijòn è una  bella città di 300.000 abitanti ed la pone come la seconda delle Asturie (la prima è la capitale del principato, Oviedo), è sul mare, caratteristica che, ai miei occhi è un vantaggio notevole. Oltre ad avere una conformazione come Salinas, al centro di una baia che la racchiude e la accoglie.
La mattina è assolata e, camminando sul lungomare il caldo si fa sentire. La passeggiata è piena di asturiani che si godono la giornata prefestiva e la loro spiaggia molto ampia e come quella visitata precedentemente, con una sabbia battuta e compatta perché la marea ogni giorno la ricopre e la rassoda. Il litorale è pieno di bagnanti che camminano sulla battigia, prendono il sole e si tuffano in mare, uno spettacolo che smuove la mia invidia.

Alla scoperta di Gijon.

Ci perdiamo tra le strade strette e con poche macchine parcheggiate, e questa caratteristica mi ricorda Barcellona, dove mi chiesi dove gli abitanti nascondessero le loro auto noi, ad esempio, abbiamo lasciato l’auto in un ampio parcheggio sotterraneo e, evidentemente, la spiegazione sta tutta lì. Sono nascoste nel sottosuolo.
Ora, mi verrebbe di chiedermi perché in Italia soluzioni del genere sono così sparagnine, ma aprirei un capitolo antipatico e la chiudo subito qui. Anzi no, perché un’altra domanda che mi nasce davvero spontanea e mi era balzata alla mente anche ad Aviles è la pulizia delle strade, sono curate e pulite, non c’è un foglio per strada, o una cicca, per non parlare dell’immondizia o i vari sacchetti fuori dalle abitazioni o dai negozi in attesa del camion della “monnezza”. A Gijòn ad esempio, ho visto un netturbino con la ramazza in mano e una semplice cassetta per la raccolta, sarà questa la spiegazione? Non lo so.
Lascio a voi ogni deduzione personale.
Con Alexis ci godiamo la passeggiata nella parte vecchia, fino al promontorio che osserva la città dall’alto e la cinge come una sentinella, e al tempo stesso la divide da una seconda baia che dispone di un altro porticciolo e un’altra spiaggia. Sul promontorio, che è anche parco cittadino, le persone passeggiano dando uno sguardo all’oceano di fronte, punteggiato di imbarcazioni e da un mare particolarmente tranquillo anche se tira una leggera brezza che, a occhio e croce, potrebbe essere assimilabile al nostro maestrale. La città vista dall’alto, appare come fronteggiare il mare con un muro di altri palazzi che guardano l’orizzonte, divisi dalla lunga ed alta passeggiata che la protegge dalle maree, è un punto di vista molto suggestivo e da della città un aspetto austero.

I due amigos sul promontorio.

Ancora Gijon, dal promontorio della città vecchia e qui sopra la lunga passeggiata che costeggia la spiaggia.

Appena scendiamo dalla parte vecchia per dirigerci di nuovo verso la passeggiata, il mare si è già mangiato una ventina di metri, avanza camminando inesorabilmente verso il muro della passeggiata come volesse divorarsi la terra.
Decidiamo di mangiare qualcosa, e ci fermiamo in un bar adiacente ad un teatro, in una bella via centrale, pedonale, e che assomiglia un po’ a una ramblas. Ha dei tavolini posti sotto basse magnolie che proiettano una densa ombra e che ci protegge dal sole intenso, ordino un paio di quelle che io credo siano tapas e dal prezzo mi immagino la piccola dimensione, una di queste è una tortilla spagnola alla cipolla. In realtà mi portano un panino farcito con la pancetta e una tortilla con un altro panino della stessa dimensione del precedente. I prezzi qui sono più bassi che in Italia e, viaggiando, ho sbirciato anche i prezzi della benzina che sono notevolmente inferiori, verso Aviles ho visto vendere un litro a 1,59€.
Quando nel pomeriggio ci avviciniamo al parcheggio, il mare si è già mangiato tutta la spiaggia a ovest e sta avanzando per mangiarsi la restante, più tardi sarà difficile prendere il sole anche per i più avveduti che si sono posizionati sotto la passeggiata.
La cosa curiosa, che a me, uomo del mare Mediterraneo mi fa riflettere, è la differente gestione della fruizione della spiaggia, noi abituati a sdraio e ombrelloni profumatamente pagati, qui al nord, semplici ospiti temporanei a cui la natura concede del tempo per godersi il mare, ma che poi richiede ciò che ha concesso riprendendoselo, in un equilibrio che è più scomodo ma probabilmente più giusto.
Rientriamo ad Aviles e ci concediamo tempo per doccia e riposo, poi nel pomeriggio le ultime dediche e si va direttamente al Centro Culturale, cuore degli incontri della manifestazione, per la cerimonia di chiusura.
Partecipiamo alla fine dell’incontro con Jill Thompson, assoluta protagonista della manifestazione sia per presenza che per personalità, e si raccoglie i meritati applausi del nutrito pubblico presente.
Poi, German, Angel e Jorge-Ivan insieme ad una disponibile sindaca, che neanche prova a prendersi la scena reclamando spazio per le solite inutili filippiche, ma restandosene tranquilla spettatrice, procedono prima ai ringraziamenti e poi a delle premiazioni molto simpatiche e per niente formali.

German, Angel, la sindaca di Aviles e Jorge Ivan alla chiusura della manifestazione, mentre scorre sullo schermo una composizione per ogni artista presente.

I tre premiati con il simbolico trofeo di pelouche in mano, Amazing Ameziane, il sottoscritto e Jill Thompson.

Insieme ad Angel de la Calle.

Qui, davvero inaspettatamente, i tre organizzatori dell’evento, ci comunicano le loro personali assegnazioni dei premi e, scopro con stupore, che il direttore Angel de la Calle, mi ha concesso il suo. Un gesto che ho apprezzato molto, proprio per la sopraggiunta sorpresa.
Ci dirigiamo tutti a El nogale, il ristorante convenzionato con la manifestazione dove, ben oltre le 22,00 cominciamo a mangiare. La cucina spagnola, almeno quella che ho avuto modo di gustare, è fatta di piatti piuttosto semplici, non molto elaborati, direi quasi casalinghi, ma gustosi, non mi pare, almeno dai locali frequentati, che ci sia quella vezzosa (seppur esteticamente apprezzabile) tendenza a “l’impiattamento”, e anche le preparazioni mi sembrano piuttosto basiche ma, ripeto, i gusti sono buoni.
Dopo, andiamo nel consueto pub a finire la serata, credo che l’idea di festival pensato da questa simpatica combriccola di sinceri appassionati stia tutta qui, la condivisione tranquilla del tempo tra autori e fans e tra autore e autore, in uno scambio di visioni e culture che provengono da altri modi di pensare il fumetto, devo dire è una formula che apprezzo molto. Al pub, con il mio sgangherato inglese, mi intrattengo con Jordan Thomas, uno sceneggiatore inglese che vive in Spagna, e con Jill Thompson, poi ci sediamo al tavolo dove Alexis, ha portato il suo rhum dalla Martinica, isola dove è cresciuto e qui, tra organizzatori e autori e dopo una lunga chiacchierata con Diego, l’interprete, abbiamo tirato tardi, andando a letto intorno alle tre.
Due parole su Diego Garcia però, devo inevitabilmente farle. Diego parla otto lingue, una capacità strabiliante di passare da un idioma all’altro, ma la cosa più incredibile è che non interpreta e non dimentica niente di ciò che dici, nonostante tu possa parlare anche per cinque minuti di fila, alla fine ripete ogni tuo concetto o risposta che hai elaborato.
Si aiuta con un taccuino su cui annota dei simboli che in un primo momento avevo creduto si trattasse di stenografia, e invece è un metodo particolare col quale disegna simboli (assolutamente individuali, che si è creato e che perciò parlano soltanto a lui) che racchiudono non parole, ma concetti e che per questo gli permettono di non dimenticare niente. Ma indipendentemente dalle indiscusse capacità professionali, in realtà è una gran bella persona.
L’ultima giornata finisce qui, e mi sembra anche durata davvero molto, me ne torno in camera sicuro che il sonno vincerà immediatamente le mie resistenze.
Ed è così che farà.

La sera al pub con Jorge Ivan.

Qui con Jorge Ivan e Diego, il fantastico interprete.

ULTIMO GIORNO

Qui c’è ben poco da dire, se non fosse per le conclusioni finali.
Mi sveglio piuttosto tardi, e la mattina faccio colazione con Angel e Mique Beltran, e poi si aggiunge anche Alexis, e terminiamo ulteriori circonvoluzioni sul fumetto, del resto quando c’è un argomento che lega, difficile dimenticarlo. La sera prima German mi ha comunicato l’orario in cui il taxi mi porterà all’aeroporto, è vicino e non ci sono patemi.
La giornata è bellissima, soleggiata e limpida, dispiace quasi perderla di viaggio.
All’aeroporto siamo in quattro, Beltran, una giovane autrice spagnola e anche Jaume Vaquer,  anche lui va a Barcellona, per poi dirigersi a Maiorca, andiamo nella stessa direzione, e perciò prendiamo l’aereo insieme.
A Barcellona rimaniamo ancora insieme visto la prossimità delle nostre partenze, pranziamo con un panino e abbiamo modo di conoscerci meglio, visto che, tra molti invitati, spesso si finisce per rimanere con quelli che si conoscono meglio o restano più vicini, a dispetto di altri. Ma stare con lui è piacevole, è una persona positiva, sempre sorridente, e poi anche lui non solo è latino, ma anche mediterraneo, e quindi l’empatia va da sé. Ci lasciamo con la convinzione reciproca che quelle due ore trascorse insieme ci abbiano uniti ulteriormente e ci proponiamo di incontrarci ancora.
Il mio aereo parte in ritardo, e la cosa mi preoccupa un po’, il migliore treno che posso prendere è quello delle 19,28 e l’aereo, almeno sulla mia prenotazione, arriva alle 19,50. Non c’è la farò mai, mi dico.
Invece, come sarebbe in grado di dirmi mio figlio, bisogna essere positivi, perché il pessimismo è sempre una lente che distorce in peggio la realtà, ed è proprio così.
L’aereo atterra alle 18,35 e, pur essendo in coda, aprono anche il portellone posteriore, per cui non solo sono il primo ad uscire, ma il velivolo, essendo vicino all’entrata in aeroporto,  i passeggeri non hanno bisogno del bus navetta per essere portati fin lì. Esco per primo e mi appresto a dirigermi verso il parcheggio taxi e, nonostante una famiglia americana arrivi prima di me mentre arriva un taxi della compagnia di cui ho i ticket, riesco a convincerli a prendere quello dopo. Risultato: sono alla stazione alle 19,00 e devo perfino attendere che le porte del treno si sblocchino per fare entrare i passeggeri già sul marciapiede.
Sempre essere positivi, deve diventare il mio karma.

Che dire? Sono felice di essere andato ad Aviles, perché ogni nuova occasione apre sempre nuove opportunità e, quello che purtroppo non vogliamo capire, è che il contatto personale, la condivisione di universi diversi, migliora il mondo, e soprattutto noi stessi. Purtroppo i social networks ci illudono di avere amici e conoscenti, ma è solo quando lì incontri che ti accorgi quali sono quelli su cui puoi contare, nei quali leggi le espressioni, ti accorgi come ti guardano e come ti ascoltano.
Aviles era un incognita, non sapevo cosa aspettarmi ma non avevo preconcetti, ero e sono curioso di conoscere questi miei nuovi lettori, questo mio nuovo pubblico e, anche in questo caso, quando lo hai conosciuto, com’è successo con i francesi, ti accorgi quanto siamo simili nelle differenze e, quanto ci vorrebbe poco per radunarci intorno a pensieri  comuni che potremmo condividere senza troppi problemi.

Alcune dediche fatte alla manifestazione.

Qui ho incontrato una squadra di amici che, intorno a una passione, hanno costruito un festival dove gli autori si incontrano, stanno insieme e discutono senza barriere (se non quelle linguistiche che tuttavia l’eccezionale Diego riesce ad abbattere), senza ambizioni commerciali, senza inseguire mode, senza coinvolgere social o YouTuber,  cantanti o tatuatori, o qualsiasi altro fenomeno mediatico che non ruoti intorno al fumetto, con amore e dedizione.
Ringrazio perciò Angel per la stima che mi ha dimostrato a prescindere dal premio, ma con i suoi apprezzamenti su Hasta la Victoria! e il desiderio di starmi vicino; Jorge Ivan, dallo sguardo dolce ed amichevole, una persona alla quale sai di potergli concedere la tua fiducia; Diego per là simpatia e la disponibilità che dimostra con tutti, saltando da una lingua all’altra come un funambolo della parola e per l’amicizia che lo lega a Jorge Ivan; e poi al mite German, il bonario José Manuel e Rafa per i loro sorrisi, per la loro continua presenza e per avermi fatto sentire a casa.
Spero di tornare presto.

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