COMIC BARCELLONA 2024

É inutile farsi illusioni, per quanto puoi scappare, il tuo passato ti raggiungerà sempre.

Il poster della manifestazione.

Il 18 di Aprile, è uscito in Spagna l’integrale della mia tetralogia cubana, i quattro volumi della serie “Hasta la Victoria!” è stato pubblicato dalla CARTEm Edizioni, che ne ha prodotto un libro bellissimo, completo di un’intervista di un professore di Diritto Internazionale, specifiche anagrafiche e contesti storici dei personaggi realmente vissuti e presenti nella narrazione, e note del traduttore. Del resto la CARTEm nasce come una casa editrice specializzata in produzioni di fac-simili, testo e codici storici che vengono riprodotti fedelmente con un’accuratezza certosina, per cui a livello di qualità, non ci si può aspettare di meno. Fantastici, mi hanno fatto sognare, inutilmente, in un’edizione italiana realizzata così. Sogno impossibile.
A coronamento di tutto ciò, sono stato invitato ufficialmente dal Ficomic, l’ente che organizza il Comic Barcellona, il più importante appuntamento fieristico del fumetto in terra di Spagna… ops, perdonate, in terra di Catalogna!

Alcune copie dell’integrale di “Hasta la victoria!” gentilmente inviatemi dalla Cartem, solo dalla copertina però, il lavoro e l’accuratezza con cui sono stati realizzati non gli rendono giustizia.

Riassumendo per me e per quei pochi che leggeranno queste righe: sto vivendo un momento di passaggio.
E chi se ne frega! Si potrebbe dire, appunto, è legittimo, ma è vero anche che nessuno vi obbliga a leggere i miei sproloqui, per cui mettetevi tranquilli e sopportate.
Il momento di passaggio, consiste in una pausa nella quale mi lascio trasportare dagli impegni della scuola, dal normale tran-tran della vita, e in attesa di risposte. Riguardo a cosa è ancora presto per dirlo.
Ma le attese, come sapete molto bene, diventano spasmodiche quando si prolungano, perché minano certezze (quelle poche che avevi) e cominciano a sollevare dubbi, che crescono sempre di più fino a farti dubitare di tutto. Anche di quello che hai fatto.
Del resto è pur vero che rimettere in discussione tutto e ripartire, se per molti è una prova di coraggio, per altrettanti è un rischio da evitare, specialmente quando sei arrivato a un punto in cui tutto quello che hai fatto, ogni tanto torna a bussare alla porta per ricordarti chi sei. Ma io purtroppo non sono capace di rimanere fermo, sono una specie di pendolo che oscilla eternamente alla ricerca di un equilibrio che non troverà mai, privandosi di quella tranquillità che sembra una meta irraggiungibile, un obbiettivo precluso a priori, nel memento costante della mia irrequietezza. Lo so, sembra che, nell’affermarlo, gongoli di un orgoglio che sottintenda una condizione di privilegio, ma vi garantisco che non è così, sapere che pretendi sempre qualcosa di più da te stesso, e aspettarsi riscontri che ogni volta ti mettono in discussione, è una fatica che eviterei volentieri, ma so anche che è una battaglia persa, e la accetto con rassegnazione.
Anche perché l’accontentarsi non rientra nei miei standard, purtroppo per avere rispetto di me stesso pongo le asticelle ad altezze inverosimili, altezze alle quali è probabile non arrivare mai e che prevedono inevitabili delusioni. Che vita grama.
Del resto, per quanti echi possono arrivare dal passato (e questo, per quanto piacevole, è uno dei tanti), che mi ricordano chi sono e da dove provengo, vedo allontanarsi sempre di più, in modo inesorabile e perfino disturbante, l’interesse per quel mondo, quello del Fumetto, che per anni è stato il mio. Un brodo in cui mi sono riscaldato e rifocillato traendone soddisfazioni e gioie, ma che, a poco a poco, vedo svanire. E mi dispiace, perché per quanto mi senta colpevole di questo, al tempo stesso sono del tutto inerme di fronte ad una sorta di degenerazione inarrestabile.
Ma nei prossimi giorni sarò chiamato a far risplendere quella che probabilmente è ed è stata la storia che mi ha convinto che sì, forse ero un autore in grado di scrivere qualunque storia, e sono qui per onorarla. Lo merita e glielo devo.
Partiamo, allora!

JUEVES

Sono arrivato a Firenze ieri sera sotto un diluvio che sembrava aspettasse me per privarmi, tra l’altro, anche della comodità di un taxi che sembrava introvabile. Alla stazione c’era una fila di trenta metri in attesa di mezzi che arrivavano solo sporadicamente, e che mi ha costretto a farmi a piedi tutta la strada verso via Ghibellina. Poi l’alluvione si è fermata dopo pochi minuti, quasi si fosse concentrata sul mio arrivo per obbligarmi alla camminata.
Con Federica, la compagna del mio socio, siamo andati a cena ad un ristorante cino-giapponese, nell’illusione che ravioli al vapore e involtini primavera fossero più leggeri di qualsiasi altro pasto occidentale. In camera ho prenotato il taxi per l’indomani mattina (e anche in questo caso l’orario mi è stato imposto dalla cooperativa), e sono andato a dormire.

VIERNES

La mattina con il ciarliero tassista abbiamo (più precisamente”ha”), disquisito sul potere dell’”impero del male”, ovvero sulla strapotenza americano e le sue deleterie influenze, per arrivare al definitivo obbiettivo delle sue lamentele, la persistente quanto rischiosa intromissione di Uber all’interno delle dinamiche del suo lavoro. Cosa del tutto comprensibile e, temo, alla lunga irrevocabile.
Adesso siamo in attesa del volo.
La giornata finalmente si è aperta, e il grigiore che ha contraddistinto questi primi giorni di Maggio sembra allontanarsi sotto le ali dell’Airbus. A bordo c’è un’allegra comitiva di ragazze in tour per “l’addio al nubilato” di una delle loro amiche, hanno cominciato a fare baldoria e del sano casino all’ingresso del gate, sotto i sorrisi indulgenti dei passeggeri in attesa, si sa che quando si viaggia siamo bendisposti verso ogni tipo di goliardia. Del resto oggi si festeggia di tutto: addii, matrimoni, separazioni, l’importante è fuggire dalla realtà, avere l’illusione che ci si può lasciare tutto alle spalle con un po’ di divertimento, anche se questo passa e la quotidianità torna con la sua solida concretezza.
Dall’alto si vede la curva della ferrovia ed il laghetto nei pressi della stazione di Lastra a Signa, che sembra un plastico della Rivarossi. Sarà una banalità, ma da qui, la vista del mondo ridimensiona tutto, disegna con le giuste proporzioni ogni cosa relegandole all’insignificanza. Immagino cosa sarà per gli astronauti, vedere il mondo dalle orbite celesti, una palla nel buio dove milioni di batteri si affannano nel loro micragnoso dibattersi per raggiungere i loro microscopici obbiettivi.
Siamo un nulla che si agita solo per il gusto di sentirsi vivi in un lasso di tempo talmente trascurabile da essere irrilevante.
Rifletto su ciò che mi aspetta: una conviviale socialità con autori che non conosco e di cui probabilmente non lèggerò nulla, sicuramente conosciuti in patria e sconosciuti altrove, con cui dovrò dividere amenità che, in questo momento mi interessano il giusto. Mi maledico per la distanza che in certi momenti metto tra me e il mondo, una freddezza analitica che non mi è propria ma che diventa protagonista in certe occasioni. Per fortuna so che al momento giusto esce la parte più empatica di me, che conosco e riesce a tirare fuori il buono da ogni cosa, da ogni esperienza, da ogni incontro. Ma all’inizio di ogni avventura, il cinismo che mi attanaglia è una morsa implacabile che non riesco a reprimere e tenta di avvelenare col distacco e l’indifferenza ogni cosa.
Dev’essere il mio Mr. Hyde nascosto che cerca spazi.
So che ci sarà Tanino Liberatore, un autore che stimo e con cui condivido anche un editore in comune, il Grifo con il quale ha realizzato innumerevoli portfolios. Ci conosciamo per le varie occasioni in cui ci siamo incrociati ma abbiamo poche circostanze condivise realmente, ricordo una colazione ad un COMICON di Napoli qualche anno fa. Spero che con l’amato autore di Ranxerox ci sia occasione di conoscerci meglio.
So anche che gli amici della CARTEm faranno di tutto per farmi sentire a casa, la loro gentilezza e la loro disponibilità sono una delle cose che apprezzo di più e l’accuratezza che hanno verso i loro autori una merce davvero rara, sono contento di lavorare con loro. Pensate che mi hanno perfino richiesto un logo (Stefano Casini Collection) da inserire nel mio personale spazio sul loro sito web. Questo mi lascia intendere che avremo una lunga collaborazione insieme, cosa che mi rende davvero felice, ho atteso tanto un editore spagnolo che pubblicasse le mie storie, e sono stato finalmente accontentato… Mr. Hyde, dove sei adesso?
Ok signori, adesso fatemici arrivare in Spagna, per il momento la chiudo qui.
Hasta luego.

L’arrivo all’aeroporto è in orario nonostante una ventina di minuti di ritardo alla partenza.
Ad attendermi c’è, tra una ridda di driver con cartelli in mano in attesa di clienti prestabiliti, anche il mio tassista con il mio bel nome digitato sull’IPad. Dopo una ventina di minuti sono all’Hotel Catalonia Barcelona Plaza, in centro a Plaza de Espanya, una imponente rotatoria che mette in fila l’albergo, la vecchia Plaza de Toros trasformata splendidamente e in un centro commerciale, e l’avenida Reina Maria Cristina che oltre che di fronte al Palazzo delle Fiere, porta dritta verso il Museo di Arte Contemporanea. Uno splendore. Il tutto confezionato da una bellissima giornata che sembra decisamente essersi lasciata il brutto tempo alle spalle.
L’hotel è un quattro stelle dall’imponenza notevole e giganteggia sul lato della piazza. La camera non è pronta, e mi faccio dare la busta dell’organizzazione con il pass personale, e mi dirigo alla fiera, distante in linea d’aria non più di duecento metri.
Ho un ingresso privilegiato che mi evita, per fortuna, un ghirigoro di camminamenti previsti per i giorni di maggiore affluenza ed entro direttamente dentro alla manifestazione, dal palazzo della stampa, dell’auditorium e delle esposizioni.
Il piazzale è pieno di ragazzini, come quasi tutte le mostre il venerdì mattina è dedicato ai ragazzi delle scuole, e la confusione mischiata all’esuberanza dei fanciulli, riempie l’enorme spazio.

Il piazzale del centro fieristico e l’ingresso per i visitatori.

All’interno è la stessa cosa, scolaresche con insegnanti al seguito si snodano ovunque, ma gli spazi sono ampi e gli stand molto distanziati tra loro, e il flusso delle persone scorre a meraviglia.
Faccio una piccola perlustrazione, ma non riesco a trovare lo stand CARTEm, ho bisogno della piantina. É poco distante, e Jaime e Aimara (la responsabile marketing, una bella ragazza che conosco per la prima volta) mi stanno aspettando, ci salutiamo e mi rimetto in giro a prendere possesso di una manifestazione che non conosco. A prima vista potrei essere in qualsiasi festival di una certa importanza, il folklore che mi gira intorno è lo stesso ovunque, le tipologie, i caratteri e i personaggi che animano questo tipo di spazi si assomigliano tutti, quasi facessero parte della stessa famiglia. E forse è proprio così.
Mi fermo allo spazio di Juan Mundet, uno bravo autore che avevo incontrato (azzardare conosciuto mi sembrerebbe eccessivo) ad Albissola, e lo saluto però facendomi riconoscere, abbiamo interessi comuni, l’amore per il western (ne ha disegnati alcuni), e quello per il capitano Alatriste (il personaggio di Arturo Perez Reverte) di cui lui ha realizzato delle storie a fumetti, ed io preso ispirazione per la mia “La lama e la croce”.

Insieme a Joan Mundet.

Qui incontro Daniel Diéz (proprietario della CARTEm), ed Elena Hernandez, la mia interfaccia con la casa editrice, ci salutiamo e ci accordiamo per i successivi impegni (non sono pochi), ed io decido di andare a vedere le premiazioni. Intendiamoci, non che me ne freghi un gran che anzi, a dire il vero niente, del resto non conosco nessuno, ma mi alletta però l’idea di mettermi in ultima fila, al buio dell’auditorium e riposarmi un po’. Quella mezz’oretta in cui mi fermo, però, mi racconta di una tendenza del fumetto che va per tutti i paesi nella stessa direzione, e cioè verso una tipologia di graphic-novel dove l’aspetto primario si riversa sull’interesse per la storia, mettendo in secondo piano, quando proprio non a trascurare, il disegno. L’idea è che l’autore non abbia più bisogno di un disegnatore che traduca il suo pensiero e la sua scrittura in disegni che abbiano valenze artisticamente accettabili. Lui deve essere sufficiente a sé stesso e alla sua storia, a prescindere di come tiene in mano la matita. E se deve andare così, che così vada, io me ne posso tranquillamente tenere fuori facendo altro.
Poi rientro allo stand e tutti insieme (meno il povero Jaime che resta allo stand per presidiarlo), andiamo al cocktail di benvenuto. Qui incontro Tanino Liberatore, ma a dire il vero scambiamo poche battute perché poi veniamo risucchiati dalle chiacchiere tra noi e i nostri amici. Intorno a me gli unici che riconosco sono Juan Diaz Canales e Juanjo Guarnido, gli autori di Blacksad, ed l’autore spagnolo Altarriba, che riconosco dal mio ultimo viaggio ad Aviles.
Mi abboffo con la massima eleganza che riesco a mostrare di tocchetti di formaggio perché ho una fame da lupo, mi sono svegliato presto e qui si va a pranzo ben oltre le due e non ho più memoria della colazione. Poi decidiamo di andarcene quando i vassoi oramai hanno esalato l’ultimo respiro e andiamo al Simultaneo  uno dei tre ristoranti convenzionati dell’albergo.
Terminiamo ben oltre le quattro e finalmente prendo possesso della stanza, una bellissima camera al sesto piano con doppia esposizione, su un lato vedo il centro commerciale e dall’altra l’avenida con il museo, un colpo d’occhio fantastico.




La splendida vista dalla mia camera al sesto piano.

Mi stendo un attimo sul letto consapevole che mi resta meno di mezz’ora per rilassarmi prima dell’intervista con uno youtuber, e siccome mi conosco metto la sveglia.

Ottima mossa, mi dico, salvo accorgermi poco dopo che l’ho messa un’ora dopo. Meno male che il minimo ritardo accumulato non preclude niente, così ci dirigiamo (io ed Elena), verso la sala stampa, una sorta di room che accoglie però anche molti artisti. Qui a un tavolo realizziamo l’intervista. Elena è la traduttrice, ed è venuta in supporto per aiutarmi, nel caso, a comprendere le domande (spiccico qualche frase in spagnolo, ma altra cosa è sostenere un’intervista per intero) decidiamo per le risposte in italiano che verranno tradotte successivamente, per non far perdere il ritmo all’intervista. Tuttavia e domande di David, il simpatico youtuber, riesco però a comprenderle quasi integralmente, e il tutto procede in una rilassante atmosfera per quasi un’ora.
Appena finito non ci resta che andare allo stand, sono le 18,30 e il mio turno di dediche mi aspetta inesorabile, come le persone che sono già lì in mia attesa. E fino alle 20,00 non mi schiodo dalla sedia. Bene, del resto sono qui per quello.



L’intenro del Centro Commerciale ex-plaza de toros, e la vista dalla terazza panoramica.

La giornata è terminata, usciamo tutti dalla manifestazione sotto un sole che rifulge in un tramonto luminoso. Mentre Javier ci saluta e va a ritirarsi all’albergo (è distrutto dalla giornata infernale), noi andiamo verso l’odierno Centro Commerciale ex-Plaza de Toros, dove per l’intero perimetro della terrazza al top, ci sono, uno dietro l’altro, innumerevoli ristoranti. Ci fermiamo al “Mussol”, che sembra l’abbreviazione di un dittatore ben conosciuto, dove mi mangio una butifarra, una salsiccia di produzione locale con una patata arrosto e fagioli, il tutto bagnato con un bianco fresco e gradevole che ricorda un nostro vermentino.
Siamo tutti stanchi, e dopo una piacevole serata, Elena, Aimara e Daniel si dirigono in fretta verso il primo taxi libero, è ora di andare a letto. L’indomani è prevista come la giornata più complicata, e dove il pubblico sarà quello delle grandi occasioni.
El viernes es terminado: buenas noches a todos.

SÁBADO

Ho dormito bene, e lo affermo con certezza perché non ho sognato, perché generalmente quando sono in un letto diverso dal mio, le storie fantastiche si alternano in continuazione. Il letto è duro il giusto, e la camera è ottimamente insonorizzata, ci sono due finestre con i doppi vetri, e si sentono le sirene delle ambulanze, ma solo come un eco lontano. Il problema è che la luce filtra dalle tende oscuranti e il sonno, quel poco che resta, si va a far benedire.
Prima di uscire mi cade l’occhio sulla mappa per la sicurezza in caso di incendio, e osservo la piantina del sesto piano, il mio. La mia camera è effettivamente l’unica che ha un corridoio e una doppia esposizione. L’ho già detto? Forse sì. Questi spagnoli mi stanno sempre più simpatici.
La colazione è ottima e, volendo, anche abbondante, ma non esagero, anche se so che il pranzo sarà tra molte ore.
Una volta uscito dall’hotel mi accorgo che non ho molto tempo, e mi faccio una passeggiata verso il Museo di Arte Contemporanea che domina la collina di Montjuic, e osserva dall’alto l’avenida Reina Maria Cristina. Ad agevolare la salita, ci pensano svariate scale mobili che riducono la fatica, la giornata non è ancora del tutto nitida, ma il caldo si fa già sentire.
Dall’alto si gode di un ottimo panorama, si vede la Sagrada Famiglia e le gru che la dominano e…. scatto alcune foto tra i turisti che si accalcano di fronte all’entrata del Museo. Poi decido di tornare verso il Palazzo dei Congressi.



La camminata i avenida Reina Maria Cristina, fino al Museo di Arte Contemporanea e vista panoramica sulla città.

Arrivo allo stand mentre alle firme c’è César Verdùguez, il giovane e simpatico autore del graphic-novel Somos, aspetto il mio turno girando un po’ tra gli stand a curiosare.
Quando tocca a me comincio e senza soluzione di continuità arrivo fino alle 13,45 e dopo condivido con Erik Kriek, l’autore olandese, lo spazio dediche, visto che i miei lettori non decidono ad esaurirsi.


La condivisione degli spazi con Erik Kriek per le dediche dei nostri libri.

Mentre realizzo dediche, alzo gli occhi e mi trovo di fronte Pierre Frigau, l’amico di Strasburgo che coordina gli italiani al festival di Illzach, scambiamo quattro chiacchiere (é molto che non ci incontriamo), e colmiamo le nostre lacune dall’ultima volta che ci siamo visti. Alla fine della sessione di firme, insieme a Daniel andiamo verso la sala Prensa, qui come da programma c’è la foto da fare per l’organizzazione, e a ruota l’intervista ad opera del Fimoc, l’associazione che gestisce la manifestazione.


La foto ufficiale per l’organizzazione.

La sala è adibita nell’ampio spazio d’arrivo dove si arriva dall’ingresso accrediti, ci sono esposizioni ai muri, delle zone sosta, e di fronte al palco allestito alla parete di fondo, accanto all’area dei tecnici del suono, c’è una platea che, a occhio, può contenere una cinquantina di persone. Al momento del mio arrivo, vista l’ora improponibile, non c’è anima viva. Bene, é abbastanza normale per l’ora e una fama che non mi precede, ma almeno sono libero di dire qualsiasi castroneria.
Insieme a Ornella, la giornalista incaricata dell’intervista (e che si rivela preparata sul sottoscritto), sono in compagnia dell’interprete, una magra e scattante italiana che ha visto bene di vivere in terra di Catalogna.
Contrariamente ad ogni aspettativa, la platea a poco a poco si riempie e, alla fine dell’intervista mi accorgo che gli spettatori sono parecchi. Ad ogni modo, chi ha deciso di rimanere, o ha visto bene di riposarsi e sfruttare le sedute, oppure ho detto qualcosa di interessante, e sarei propenso più per la prima opzione, se invece non mi fossi accorto dell’attenzione concessami da chi era presente.
Mi ripeto: questi spagnoli mi sono sempre piaciuti, ma adesso mi piacciono ancora di più.


Il momento dell’intervista ufficiale ad opera dell’organizzazione del festival.

Alle 3,20 posso andare finalmente a pranzo, Daniel, Aimara e Elena mi “lasciano libero” e posso andare in albergo, e non rischio di trovare le cucine chiuse, perché qui, come forse saprete, gli orari di pranzi e cene slittano di almeno un paio d’ore in confronto ai nostri.
Ma anche nel pomeriggio il tempo mi si brucia velocemente, il servizio al ristorante è piuttosto lento, e alla fine mi rimangono soltanto quindici minuti per andare in camera, prima di ritornare allo stand per il rush finale.
Il rush finale però dura tre ore, condivido ancora lo spazio con Kriek e poi debbo abbandonare perché costretto a lasciare lo spazio a César per il suo turno, anche se in una postazione laterale sono costretto a terminare gli albi con i segnalibri di chi ha comprato e ha lasciato lì l’albo e, come in Francia, mi ritrovo praticamente a chiudere lo spazio della manifestazione. Ma sono qui per questo, e sono felice di avere dedicato decine di libri.
Ho conosciuto il direttore di Aleta Edizioni, la casa editrice che pubblicò in Spagna all’inizi degli anni 2000 una trentina di albi di Nathan Never, una delle pubblicazioni che mi ha fatto conoscere precedentemente il questo paese, ed é stato piacevole scoprire che il primo numero della collana (che aveva un’ordine di uscita tutto suo), era stata la storia “Le belve” realizzata insieme a Michele Medda. Ma una delle prime cose che mi ha detto, rammaricandosene, è che le storie Bonelli in Spagna non funzionano, ammettendo con dispiacere che evidentemente altri tentativi erano stati fatti anche su altri personaggi, ma con lo stesso esito negativo.
Nella giornata ho conosciuto qualche responsabile dell’organizzazione, che si è mostrato gentile e felice di conoscermi, qualcuno si è già spinto ad invitarmi nuovamente ed io, da paraculo quale sono, ho mostrato la mia migliore dentatura in smaglianti sorrisi e pronta disponibilità.


Insieme a  Kiko da Silva e all’amico Angel De La Calle.

Ma la giornata è terminata, siamo tutti molto stanchi e la serata, nella splendida luce di un tramonto ancora lontano dall’annunciarsi, ci illumina mentre cerchiamo un taxi che ci porti al ristornate dove la CARTEm, al gran completo, consumerà la sua cena.
In realtà il locale non è molto lontano, si sale tra viali alberati che a me ricordano quelli che raggiungono Piazzale Michelangelo a Firenze, Barcellona è ricca di verde e da l’idea di una città che sa respirare e lascia respirare chi ci vive. Il ristorante si chiama “El Xalet de Montjuic”, ed ha una vista fantastica e panoramica sulla città.
La serata scorre piacevole, Erik e Kostanz si rivelano simpatici e disponibili e tra una parola di spagnolo e qualche sentences in inglese, riusciamo a comunicare nonostante una torre di Babele che tutto sommata si rivela scalabile e raggiungibile.


La tavolata di Cartem a El Xalet de Montjuic, da sinistra: César, Jaime, Daniel, Elena, Erik, Kostanz, io, Aimara e Raquel (moglie di César) che tiene, con la mano sinistra, la piccola Verduguez che non aveva volgia di addormentarsi.

Per inciso, il filetto di vitello era magnifico, cotto alla perfezione e morbido come il burro e il vino tinto, carico di forza ma ottimo.
Ma nonostante le musiche ritmate di una comunione nella stanza attigua, la stanchezza prende il sopravvento su tutti e decidiamo di andare a letto. È stata una buona giornata per tutti, e tra sorrisi e occhi che alludono al pigiama, riprendiamo i taxi e ognuno torna al suo albergo.
Il sabato si conclude così, incontrando, appena sceso dal taxi e fuori dall’albergo, un tizio con la faccia da impiegato ma vestito con camicia a pantaloni grigi carichi di strass che sembrava uscito da un balletto di drag queen. Un bel modo per chiudere la serata, con una bella visione ammiccante a una Barcellona by night che stasera dovrà fare a meno di noi.
Buenas noches de nuovo!

DOMINGO

Non ho dormito bene, ma non capisco cosa non ho digerito, ho mangiato con moderazione e le porzioni misurate, perciò mi sono trattenuto a letto fino a quasi le nove.
Colazione forse eccessiva, viste le sveglie notturne, ma non riesco a rinunciare quando l’offerta è stuzzicante, neanche avessi un’atavica “fame” da soddisfare.
Faccio il check-out, lascio la valigia all’albergo e mi dirigo verso il Palazzo dei Congressi, dove c’è l’area adibita all’entrata degli accreditati, non ho tempo per altro, avevo dato la disponibilità (non era prevista nel programma) alla casa editrice che avrei sostenuto ulteriori dediche.


Lo stand che reclamizza “el comic de autor” , e di spalle “el trabajador endomable”, sempre a testa bassa a dedicare i suoi libri.

A volte mi viene il dubbio di essere un’idiota o un terribile romantico, ma per me là dove sono invitato vedo l’opportunità di divulgare le mie opere, e mi sembra che non esista sacrificio più nobile che dedicarmi a loro. E sto lì fino dalle 11,30 fino alle 14,20, firmando una quantità di albi impressionante.
Ho idea di essere uno dei pochi autori, almeno tra quelli di lungo corso, che si sottopone a turni di dediche così intensi, ma ripeto, lo faccio per le mie storie e sono oggettivamente ripagato dai lettori che si mettono in fila per me. Sento perciò come un mio dovere quello di rispettare il loro gradimento nei miei confronti.
In realtà, non ho molto altro da dire, oggi il programma indica solo due voci: check-out e trasferimento all’aeroporto.
Vado a mangiare anche troppo presto, ma sono comunque oltre le 14,30, e so già che arriverò senza mangiare fino al pranzo del giorno dopo, mi impongo infatti uno di quei miei digiuni intermittenti che servono da interludi a momenti di stravizio. Al ristornate dell’albergo mi lascio servire da Ariel, una piccola cameriera dai lineamenti indio dalla parlantina veloce e la simpatia innata.
Poi rientro allo stand per terminare, con maggiore perizia le dediche per i componenti della casa editrice, se lo meritano e, nonostante la stanchezza cerco di fare del mio meglio. Un ultimo giro per fare una sorta di recap mnemonico, poi saluto tutti e torno all’albergo.
Ritiro la valigia e vado da una sorta di concierge all’ingresso dell’albergo, non c’era i giorni precedenti, è una ragazza molto carina e l’avevo notata quando era arrivata a inizio turno durante il mio pranzo. É una moretta dai lineamenti mediterranei, ed ha un bel sorriso. Sfoggio il mio splendido inglese chiedendogli se c’è una navetta o un taxi (come all’arrivo), per il trasferimento all’aeroporto. Ma evidentemente la mia pronuncia del Sussex mi lascia individuare immediatamente e lei mi chiede con un sorriso: -Sei italiano?- Appunto, come non detto.
É sarda e vive a Barcellona da quindici anni, da un paio d’anni anche i genitori si sono trasferiti lì, insomma, facciamo quattro chiacchiere fino a che un tassista si avvicina col cellulare in mano e chiede di un certo Amil Kassous. No, non sono io.
-Ecco…-mi dice lei- Fanno proprio così!- Ovvero si avvicinano col nome scritto o sull’IPad o sul cellulare, proprio come hanno fatto all’arrivo. Banale, no?
La lascio lavorare, in effetti è un continuo via vai di americani chiassosi e tutti in gruppo, chiedono informazioni, si siedono ovunque, ridono come se fossero una banda di stand-up comedians in vacanza e come se il locale fosse di loro proprietà, è una caratteristica degli americani: si sentono padroni del mondo ovunque e, detto tra noi, forse lo sono.
All’orario prestabilito mi alzo dal comodo divanetto e con la valigia mi dirigo all’uscita, attraversando la classica porta rotante, vedo un taxi che si ferma e dal quale esce il guidatore, mi viene incontro e, come se ci fossimo accordati mi chiede: -Stefano?- Manco fossimo cugini. La cosa più facile del mondo.


Insieme a Erik Kriek.

In neanche dieci minuti siamo all’aeroporto e venti minuti dopo già dentro l’area d’imbarco.
Sfodero il mio IPad e comincio a scrivere di fronte ad una vetrata che da su una terrazza dove, i residui fumatori in circolazione, si godono le loro velenose traspirate osservando un cielo che si fa sempre più grigio.
Adesso non mi resta che aspettare che mi venga comunicato il gate.

Conclusioni? Solo le solite considerazioni che, di festival in festival si susseguono sempre identiche.
Le manifestazioni di fumetti si assomigliano tutte, così come la fauna che le frequenta: stessi tipi e identici personaggi, cambiano solo nelle dimensioni e sono proporzionate al mercato che rappresentano, almeno quelle più importanti di ogni paese.
Volete un chiarimento? Pur ripetendomi, Ve lo do.
Angouleme è incentrata sulla BD (il fumetto per i non francofoni), tutto ruota su quel mondo, non esistono cosplayers, e i banchetti di paccottiglia non sono all’interno degli spazi adibiti, se ci sono sono fuori, in spazi pubblici ed extra organizzazione. Tutto quello che riguarda la manifestazione ufficiale è un’ elegia alla narrativa disegnata, le mostre sono molte e ben curate, gli ospiti internazionali altamente selezionati ma quelli nazionali sono più che sufficienti, ed è il crocevia di autori che provengono da tutto il mondo. Qui si viene per proporre storie perché si sa che, se accettate, i compensi saranno tra i più professionali ed il mercato il più attento ed esigente del globo terracqueo. É una mostra che rappresenta un mercato sano, con molti grandi competitors (ovvero innumerevoli grandi case editrici) cosa che garantisce concorrenza e opportunità, e autori che in questa offerta sono oggettivamente l’ago della bilancia delle fortune delle case editrici che rappresentano. Come nel nostro mercato librario, gli autori sono il termometro dei successi dei loro editori attraverso i loro personaggi e, mediamente, godono di grandi considerazioni, magari, cinicamente, in proporzione al fatturato che producono.
Negli States (ma la mia esperienza risale a dieci anni fa, per cui le cose nel frattempo potrebbero essere cambiate), i fumetti se ci sono e là dove sono, sembrano una riserva naturale. Nell’ultima visita tutto girava intorno alla promozione di serie tv, di film animati, di cinecomics, non si contavano i personaggi di Hollywood con passerelle, non si contavano altresì i personaggi in cerca di una seconda occasione (foto a pagamento con Hulk Hogan o Lou Ferrigno, per citare due esempi), banchetti di action-figure, t-shirts e gadget di ogni tipo, un vero mercatino che va dalla paccottiglia ai vecchi albi. Mentre i mercanti di originali (vi garantisco con opere splendide), si lamentavano che le loro cose non interessavano più. E in fondo all’enorme padiglione, là dove quindici anni prima c’era un banco enorme di originali con illustrazioni meravigliose, adesso si trova l’artista alley con decine e decine di artisti con vele che reclamizzano il loro nome, che si prodigano, per una modica spesa, a farvi il vostro personaggio preferito (ma più volentieri il loro), in mezzo busto, figura intera o in primo piano secondo tariffa.
Ovvero la commercializzazione di tutto.
A Lucca, la prima manifestazione nata in Europa, il fumetto oramai è secondario rispetto ai Games e tutto il resto, é la patria dei Cosplayers, mentre il fumetto popolare, quello mainstream delle edicole sta scomparendo e bla, bla, bla… non ho più voglia di ridire le stesse cose, è roba vecchia. Questo è l’unico mercato che conosciamo bene, inutile riparlarne.


Il Comic di Barcellona: come si può vedere gli ampi spazi agevolano il flusso di persone facilitando la circolazione tra gli stand.

In Spagna i numeri sono diversi, le tirature minori, e le edicole non esistono, il mercato è inevitabilmente più piccolo, per cui il Comic di Barcellona rispecchia le dimensioni ridotte di questa realtà. Gli stand più grossi sono della Panini Comics, Planeta Editionese la storica Norma Editorial, ed hanno estetica e dimensioni che ricordano quelle della grandi case editrici francesi a Champs de Mars. E poi tanti piccoli stand di editori minori che realizzano, anche qui, graphic-novel. Le edizioni sono belle, si prediligono i cartonati ai brossurati, e i titoli di maggiore successo, a parte qualche artista locale (molti non li conosciamo), sono quelli che rifulgono di luce francese che riverbera anche qui: Canales e Guarnido con “Blacksad”, Pellejero con “Corto Maltese”, e il Roger di “Jazz Maynard”, tanto per fare i primi tre nomi che mi vengono in mente ed ho trovato esposti. Di italiani da graphic-novel nessuno, l’unico presente ma solo con i suoi libri era Milo Manara. Era presente il nostro Tanino Liberatore, che ho visto soltanto all’aperitivo del primo giorno, del quale le Edizioni La cupole ha realizzato l’integrale di Ranxerox. Lo spazio è ricavato all’interno di una vecchia stazione ferroviaria ristrutturata e adibita oramai da anni a polo fieristico, per cui la manifestazione è contenuta tutta all’interno di questi ampi spazi. È collegata al Palazzo dei Congressi dove vengono allestite le mostre, c’è l’auditorium, la sala stampa. Il piazzale che collega il Palazzo al Polo ricorda quello della mostra di Oltremare di Napoli, ma a differenza di quella, qui non ci sono cosplayer (un fenomeno che sembra, almeno con le nostre dimensioni, tutto italiano), o almeno se ne vede qualcuno ma sembra una ” fiera di arte povera”, l’edonismo e il perfezionismo italico è ben lungi da raggiungere, del resto quando si tratta di “apparire”, a noi non ci batte nessuno. C’è uno spazio Games (ma intendo videogames) che sembra però dedicato a giochi per più piccoli, a vedere il pubblico che lo frequenta e, almeno a quello che ho visto, nessun gioco per adulti n’è di società.



Gli altri spazi ludici ed espositivi della manifestazione.

Un’area con bancarelle per coplayers legati però all’universo fantasy, con i soliti duellanti che sudanti si muovono su una pedana per la gioia di quei rari visitatori che li osservano con tenerezza. Ma il tutto appare piuttosto dimesso, sembra effettivamente che, nonostante alcune variabili costanti con gli altri mercati, la gente sia lì effettivamente per i fumetti, e a quelli sono interessati.
Direi che, se proprio devo mettere tutto in parallelo, che è Lucca l’unico baraccone che si fregia del nome di fumetto che però viene fagocitato da tutto il resto, e anche il San Diego COMICON, che però soggiace a dinamiche d’oltreoceano, e quindi distanti per chilometri e per cultura, per le altre manifestazioni il fumetto (presente nel nome del festival), ha un senso.
Che impressione ne ho dedotto? Si tratta di una manifestazione che identifica un mercato come forse diventerà quello italiano, quando piano piano perderà edicole e personaggi popolari e si troverà rappresentato solo da quello che al momento pare l’unica alternativa: il graphic-novel.
Gli spagnoli ci assomigliano, è gente diretta e semplice e se non fosse che per l’idioma, sembrerebbe di essere a casa propria. Si appassionano al disegno e restano contaminati dal fascino della creazione su carta, per cui la magia che si riesce a creare realizzando una dedica, li corrompe immediatamente e sono disposti a comprare il libro che non avevano messo in conto di acquistare.



Il Nero Maccanti disegnato sul guest-book ufficiale della manifestazione, e un Apache a richiesta come dedica sul libro.

Ho dedicato molte “La lama e la croce”, ma ancora di più “Mimbrenos”, e c’è da fare una considerazione sul western: è vero che è un genere desueto su cui oramai (l’Italia a parte anacronistica con Tex) non si investe neanche più, ma ogni volta mi stupisco di quanti appassionati e cultori ancora ci sono e, come vedono qualcosa che ricorda quell’epopea così lontana, rimangono ammaliati e l’acquistano immediatamente. Ma c’è da dire che è la storia sulla rivoluzione cubana che è stata la vera, unica protagonista di questa tre giorni catalana.
“Hasta la Victoria!” ha superato molte aspettative, è risultato il libro più venduto in assoluto tra tutte le pubblicazioni della CARTEm, era la novità, è vero, ma essendo un integrale costava anche 40,00€. É vero anche che io mi sono speso molto perché si guadagnasse questo primato, ma del resto che volete che vi dica, se lo merita, no? Dopo quasi vent’anni le storie di Nero Maccanti &C. tengono ancora botta, e se la revoluciòn è un po’ meno di moda, i suoi valori e i suoi ideali non sono mai stati attuali come in questo periodo.
Un plauso sincero ai miei editori spagnoli che hanno costruito una collana e uno spazio web tutto per me, segno evidente che mi stimano molto e le intenzioni sono quelle di pubblicare tutto quello che ho fatto, ed ho l’impressione che, in futuro, nella penisola Iberica dovrò tornarci. È come se la mia vita fosse divisa a periodi, c’è stato quello francese, adesso è il turno di quello spagnolo, di sicuro cercare di allontanarmi da questo mondo non sarà facile.


Il gruppo Cartem al gran completo, in senso orario: Aimara, Daniel, il sottoscritto, Elena e Jaime.

Quando vengo immerso in quello che è stato il mio stagno per anni, torno ranocchio e rammento progetti, idee accantonate, e storie mia scritte, e talvolta verrebbe il desiderio di ritornare a realizzarne altre. Poi, guardò il mercato attuale (specialmente quello italiano, che in fondo è il mio) e, a parte questi sprazzi di entusiasmo, torno allo sconforto per la scarsa eco che tutto questo mio affannarmi porterebbe, compensi inclusi.
Sarà difficile, quasi impossibile però uscire da questo loop periodico, in cui il miei ultimi trent’anni mi ha coinvolto, del resto i miei personaggi e le mie storie me lo impediranno, del resto l’ho già detto: nessuno sfugge al proprio passato.

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